Il Vangelo di oggi si incrocia la 98a giornata missionaria mondiale, che oggi si celebra in tutto il mondo. In questa domenica in cui lo sguardo del cuore si dilata sugli immensi spazi della missione, l’invito ad “avere nuovi occhi e un nuovo cuore per renderci davvero servi, in ogni cosa. Solo così questo mondo di violenza e sopraffazione, di sangue versato senza posa, riceverà ossigeno vero per una nuova vita”.
A cura di Teresina Caffi, missionaria Saveriana e biblista
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,35-45):
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: “Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Che cosa volete che io faccia per voi?”. Gli risposero: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù disse loro: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”. Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse loro: “Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”. Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Commento al Vangelo
Quante volte abbiamo sentito questo Vangelo! Perfino Gesù nel vangelo di Marco sta ripetendo per la terza volta questo insegnamento. Dopo il primo annuncio della passione, alla fine del cap. 8, aveva dato la condizione per chi vuol venire dietro a lui; dopo il secondo, al capitolo 9, aveva risposto alla ricerca dei suoi discepoli di essere il più grande; ora, dopo aver annunciato per la terza che subirà una morte umiliante e dolorosa, risponde ai discepoli che vogliono assicurarsi un posto nella gloria accanto a lui.
A dire che siamo inguaribili, che la sete di potere, di dominio, di emergere rispunta sempre fuori, o palese nella sopraffazione dichiarata o mascherata di buone parole e buone opere. Un dittatore dei decenni scorsi che prendeva le ricchezze del paese a suo profitto aveva per motto “servire e non servirsi!”.
Non per nulla Marco fa seguire a questo episodio la guarigione del cieco: occorre che il Signore guarisca la nostra cecità, da soli non ce la facciamo. E che gli sia possibile lo dice la conclusione del Vangelo di oggi: “Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. È proprio perché lui si è immerso nel dolore e nell’umiliazione per noi, che noi possiamo essere guariti da una gestione autocentrata e violenta del potere, per essere realmente servi. E non di uno, ma di tutti.
Il Vangelo di oggi si incrocia con la parabola che il Papa ha scelto come testo base del messaggio per la 98esima giornata missionaria mondiale, che oggi si celebra in tutto il mondo: la parabola degli invitati alla festa, nella versione di Matteo (Mt 22,1-14). C’è una festa preparata. Non la prepara la chiesa o qualche filantropo. La prepara Dio stesso. È la più grande delle feste, per il matrimonio di suo figlio.
Dio la imbandisce, ma occorre chi vada a portarne notizia. Dei servi che non sono il centro della festa, non hanno messaggi propri da portare ma mettono tutte le loro energie per dire agli invitati: venite, c’è una festa straordinaria pronta per voi! Sanno che certi loro compagni sono stati maltrattati e uccisi per portare l’invito, ma loro continuano, fanno del convocare tutti lo scopo della loro vita.
Servi, appunto. Che non forzano, vogliono solo affascinare. Verrà il tempo che anche loro siederanno a mensa e la loro gioia sarà di vedervi seduti tanti che attraverso di loro hanno saputo della festa e vi hanno invitato altri.
In questa domenica, vorremmo anzitutto diventare veri: riconoscere ciò che si nasconde sotto tanti nostri pretesi atteggiamenti di servizio: volontà di potere, manovre di coercizione, voglia di emersione, gelosia litigiosa, ricerca di gloria… Vorremmo uno scanner che funzioni, e anche questo è grazia. E poi, spogli di ogni orpello, avere nuovi occhi e un nuovo cuore per renderci davvero servi, in ogni cosa.
Allora anche questo mondo di violenza e sopraffazione, di sangue versato senza posa, riceverà ossigeno vero per una nuova vita.
“Siamo di fronte a due logiche diverse: i discepoli vogliono emergere e Gesù vuole immergersi. Emergere esprime quella mentalità mondana da cui siamo sempre tentati: vivere tutte le cose, perfino le relazioni, per alimentare la nostra ambizione, per salire i gradini del successo, per raggiungere posti importanti. La ricerca del prestigio personale può diventare una malattia dello spirito, mascherandosi perfino dietro a buone intenzioni.
A questa logica mondana, Gesù contrappone la sua: invece di innalzarsi sopra gli altri, scendere dal piedistallo per servirli; invece di emergere sopra gli altri, immergersi nella vita degli altri. Gesù ci chiede di immergerci con compassione, nella vita di chi incontriamo come ha fatto Gesù con me, con te, con tutti noi. Guardiamo il Signore Crocifisso, immerso fino in fondo nella nostra storia ferita, e scopriamo il modo di fare di Dio.
Ma come fare? Da soli è difficile, per non dire impossibile, però abbiamo dentro una forza che ci aiuta. È quella del Battesimo, di quell’immersione in Gesù che tutti noi abbiamo ricevuto per grazia e che ci direziona, ci spinge a seguirlo, a non cercare il nostro interesse ma a metterci al servizio. È una grazia, è un fuoco che lo Spirito ha acceso in noi e che va alimentato. E preghiamo la Madonna: lei è stata l’umile serva del Signore, ed è tutta immersa al nostro servizio, per aiutarci a incontrare Gesù! .
(Papa Francesco, Angelus, domenica, 17.10.2021, commentando Mc 10,35-45, stralci)