Il Giubileo è protagonista di questa domenica della Parola di Dio. Liberazione, remissione, restituzione si mescolano con la gioia: è un tempo speciale quello che Gesù inaugura, il tempo del suo ministero. Commento al Vangelo di domenica 26 gennaio a cura di Padre Piero Masolo, missionario del PIME (Pontificio istituto missioni estere).
“Come i Roman per l’esercito molto,
l’anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,
che da un lato tutti hanno la fronte
verso l’castello e vanno a Santo Pietro;
da l’altra sponda vanno verso l’monte”.
Dante, Inferno 18,28-33
Dante racconta il passaggio dei pellegrini del 1300 su Ponte Sant’Angelo, mentre si recano in San Pietro. Era il primo Giubileo istituito dalla Chiesa, e l’afflusso di pellegrini a Roma era rimasto nella memoria del Sommo Poeta.
Così, 700 anni dopo, ricordo come fosse ieri, il mio ingresso in seminario. Era il 29 settembre del 2000, ed entravo per la prima volta nel Seminario del PIME a Monteverde Vecchio, a Roma. Ero emozionato ed allo stesso tempo felice: finalmente si concretizzava un desiderio profondo che custodivo dall’anno precedente, quando giovane universitario in missione per un mese in India, una voce interiore mi chiedeva: “questa vita che vedi qui ed ora, non può essere anche la tua?”. Sorpreso da questa voce, che era sì dentro di me ma che certamente non era mia, e dalla testimonianza di due anziani missionari, Sister Visi e Father Antonello, mi sono ritrovato a rispondere immmediatamente “Sì!”.
Eccomi dunque a Roma, seminarista nell’anno giubilare, guidato dai compagni nella visita dell’Expo-Missio al monastero delle Tre Fontane, dove ho potuto toccare con mano un po’ di quella gioia che l’universalità della Chiesa ci regala, e che avevo iniziato a sperimentare io stesso l’anno prima in missione.
Il Giubileo è protagonista di questa domenica della Parola di Dio. Nella seconda parte del Vangelo che ascoltiamo (Lc 4,14-21), Luca inaugura il ministero pubblico di Gesù con quello che viene chiamato il suo discorso programmatico. Gesù riceve il rotolo del profeta Isaia e legge il passaggio che riguarda l’annuncio del Giubileo, affermando che esso trova compimento oggi in Lui:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore.
[…] Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. (Lc 4,18-19.21b)
Cos’è il Giubileo? Gesù ci dice con Isaia che è evangelizzare (portare ai poveri il lieto annuncio), liberare (proclamare ai prigionieri la liberazione e rimettere in libertà gli oppressi), permettere di vedere (proclamare ai ciechi la vista), e gioire (proclamare l’anno di grazia del Signore). La parola ebraica YOBÊL significa sia restituire che ariete, o il corno dell’animale: quel corno suonato per festeggiare l’inizio del Giubileo, ogni 50 anni. Liberazione, remissione, restituzione si mescolano con la gioia: è un tempo speciale quello che Gesù inaugura, il tempo del suo ministero.
Allo stesso modo questo tempo del Giubileo 2025 inaugurato da Papa Francesco con l’apertura della Porta della Speranza può esserlo per noi. Come? Si tratta semplicemente di compiere un pellegrinaggio e recarsi a Roma? Per alcuni di noi potrebbe essere facile, per altri impossibile, viste le distanze delle nostre rispettive missioni (mentre vi scrivo la neve fiocca qui a Detroit, Stati Uniti!). Il punto è un altro: il pellegrinaggio che ci è chiesto può essere fisico ma non può non essere interiore.
La Parola di Dio di oggi ci chiede di credere che lo Spirito soffia in noi ed intorno a noi (cfr. lo Spirito del Signore è sopra di me, Lc 4,18a), che siamo consacrati non a caso (cfr. per questo mi ha consacrato con l’unzione, Lc 4,18,b), ma per evangelizzare, liberare, permettere di vedere e gioire, come la Parola stessa ci propone e promette.
Nel libro di Neemia il sacerdote Esdra legge per ore ed ore davanti al popolo il libro della Legge (Ne 8,2-3), ed il governatore Neemia chiede al popolo di smettere di piangere e di festeggiare con un pranzo, da condividere con “quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza” (Ne 8,10b). Mi piace particolarmente questo invito all’ascolto comunitario ed attento della Parola, a ruminarla, mi viene da dire, che sfocia nella gioia della convivialità.
C’è un ultimo aspetto che desidero condividere: la liturgia di questa domenica ci propone un Vangelo in due parti. Abbiamo visto la seconda ma la prima (Lc 1,1-4) non è meno interessante. Si tratta del prologo del Vangelo di Luca in cui l’evangelista ci espone il suo programma redazionale: vuole raccontare con ordine, fare ricerche accurate, scriverne un resoconto ordinato per aiutare Teofilo, l’amico di Dio, ad essere saldo negli insegnamenti ricevuti. Scrivere aiuta sé e gli altri, è qualcosa di potente, che resta, quando racconta l’opera di Dio e non si perde in banalità.
Che questo invito alla Scrittura (quella Sacra!) ed alla scrittura possa essere per ogni teofilo un modo di vivere il Giubileo?

P. Piero Masolo, PIME