Dio si incontra (anche) a via Marsala

In occasione della Giornata mondiale della vita consacrata, la testimonianza di Giulia Civitelli, missionaria secolare scalabriniana e responsabile del Poliambulatorio della Caritas diocesana di Roma.

Via Marsala è per me un luogo speciale e unico: non solo una via di Roma (spesso al centro di tante polemiche), non solo un luogo di incontri, di relazioni, di accoglienza, non semplicemente un luogo significativo a livello sociologico e simbolico, ma, direi, un vero e proprio luogo teologico. Ero ancora studentessa di medicina quando, nel 2008, per la prima volta arrivai al Poliambulatorio della Caritas Diocesana di Roma con il desiderio di mettermi a disposizione come volontaria. Cercavo un’esperienza di servizio e di incontro con le persone, e inconsapevolmente stavo muovendo i passi su una strada che mi avrebbe portato a conoscere meglio Dio, a riscoprirlo Padre, innamorato di ciascuno dei suoi figli. Mai avrei immaginato in quel momento tutto quello che dopo sarebbe accaduto e che mi ha portato oggi fino a qui. I bravi maestri di vita mi hanno insegnato che, quando noi diciamo: “Mai avrei immaginato”, significa che c’è l’opera di Qualcun altro…

Quando arrivai a via Marsala ero da poche settimane tornata da un’esperienza di un mese in un ospedale di una zona rurale dell’Etiopia, gestito dall’organizzazione non governativa Medici con l’Africa Cuamm.

Avevo infatti scelto di studiare medicina con il desiderio di aiutare il prossimo, in particolare le persone che vivevano in situazioni sociali e sanitarie più svantaggiate. Fui però molto delusa da uno studio schiacciato sulla dimensione biomedica, che perdeva di vista l’uomo nella sua globalità e nel contesto di vita. Quel periodo di crisi mi mise di nuovo in ricerca: cercavo luoghi e contesti che mi permettessero di capire cosa succedesse nel mondo e questo mi portò in contatto con varie realtà del privato sociale anche legate alla Chiesa cattolica.

Pur essendo cresciuta in una famiglia cattolica, ero in quel momento lontana dalla fede e mi faceva paura una religione formale che non aveva poi conseguenze dirette sulle scelte e sulla quotidianità.

La mia ricerca mi portò di fatto, inaspettatamente, a riscoprire la Parola di Dio, nella quale iniziai a trovare le risposte alle domande più profonde che avevo nel cuore.

Mi innamorai del Dio della Bibbia, mi innamorai della fede, non religione dei riti, ma vita che “si sporca le mani”, condividendo. Proprio questo diceva don Luigi Di Liegro, di cui mi colpì molto la testimonianza profetica quando iniziai a conoscere meglio la sua storia.

Fui particolarmente affascinata dalla visione che trovai al Poliambulatorio e che mi passavano con passione gli operatori: un’attenzione ad ogni persona, all’accoglienza della storia e delle diversità di ciascuno, insieme ad una grandissima competenza e un elevatissimo impegno in particolare nel campo della salute dei migranti a livello di ricerca, formazione e advocacy, perché, mi venne detto sin da subito, “non si deve dare per carità quello che deve essere dato per giustizia”. Anche io volevo vivere ed impegnarmi così!

Mi laureai ed iniziai la specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, occupandomi in particolare di formazione degli studenti universitari sulle tematiche dei determinanti sociali di salute, delle diseguaglianze in salute, di salute e migrazione. I professori con cui collaboravo riconoscevano il valore formativo dell’esperienza che stavo portando avanti presso l’Area Sanitaria.

La passione per la Parola di Dio e per la fede continuava ad accompagnarmi, ma non sapevo dove questo mi avrebbe portato. Ero a questo punto del cammino quando Bianca, responsabile in quegli anni del Poliambulatorio, mi invitò ad un campo estivo in Svizzera organizzato dalla comunità a cui apparteneva, le Missionarie Secolari Scalabriniane, per approfondire la fede con giovani di diverse nazionalità e per conoscere meglio la realtà delle migrazioni. Mi sembrava un’ottima occasione per proseguire la mia ricerca di fede e di vita che andava avanti da tempo. Quell’incontro fu per me una vera e propria pro-vocazione. Sentii che il Signore stava bussando delicatamente e con decisione alla mia porta, indicandomi una strada che fino a quel momento non avevo considerato… Il timore era grande, ma ad esso si accompagnava la gioia, una gioia che non poteva venire da me.

Fui veramente affascinata da una piena consacrazione nella secolarità, in particolare nel mondo delle migrazioni, e dalla vita e spiritualità di San Giovanni Battista Scalabrini, padre dei migranti. Intuii che solo una consegna totale di me stessa al Padre, solo una condivisione piena di vita, senza angoli privati, poteva riempire di senso e rendere vero ogni mio fare, ogni mio impegno a favore dei più piccoli. Prima di tutto c’era Dio e il suo Amore, e solo partendo da lì potevo lasciarmi condurre dove Lui avrebbe voluto.

In pochi giorni dissi il mio sì e dopo qualche mese iniziai il cammino che mi portò nel maggio 2015 a pronunciare i voti di povertà, castità e obbedienza nell’Istituto delle Missionarie Secolari Scalabriniane. Dissi, davanti alla Chiesa, il mio sì a Dio, mettendo tutta la mia vita nelle sue mani, senza immaginare che, dopo poco più di un anno, mi (e ci) sarebbe stato chiesto di prendere la responsabilità del Poliambulatorio, ricevendo una inaspettata staffetta da una giovane collega e cara amica.

È da diversi anni che ho il dono di prestare questo servizio e via Marsala. Ancora oggi, forse più che nel passato, è per me un luogo teologico, di incarnazione e di rivelazione. Luogo di incontro con Dio, in ogni persona, specialmente nei più piccoli: in chi bussa alla porta, in chi ho il dono di avere accanto come colleghi e colleghe e come volontari, ciascuno e ciascuna con la propria specifica vocazione (e non è raro che questa si scopra proprio anche grazie agli incontri avvenuti qui), nella diversità e nella stima piena di ogni strada.

Sì, via Marsala è luogo privilegiato per vivere la comunione tra le diversità di provenienze, culture, storie, vocazioni… e luogo di incontro con Dio nelle povertà e nei limiti, che scopro essere prima di tutto i miei, i nostri: spazio benedetto per scoprire che la potenza dell’Unico Signore si manifesta proprio nelle nostre debolezze.

Se in ogni relazione e imprevisto saremo provocati a rimettere al centro la relazione con il Padre, allora possiamo essere certi che, con Lui, l’umano diventa la strada per l’incontro con il divino, e anche ciò che appare impossibile diventa possibile.

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