«Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Nel buio del tradimento, quando Giuda esce dal cenacolo e la speranza sembra svanire, Gesù rivela il cuore del suo messaggio: un amore che non conosce limiti, che non si spezza nemmeno davanti alla sofferenza. È un amore che, nel suo dono totale, diventa il segno distintivo della sua comunità. È questo amore che ci chiama a vivere, ad essere testimoni della sua luce, anche quando tutto sembra perduto.
Commento al Vangelo della V domenica di Pasqua a cura di Sr. Vincenzina Botindari*, francescana missionaria del Cuore Immacolato di Maria.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-33a.34-35)
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Commento al Vangelo
Giuda esce dal cenacolo. È in questo modo che si apre la pagina evangelica di questa domenica, non è una scena che Giovanni butta nel vangelo senza valore, sappiamo bene che l’evangelista non lo farebbe mai. Le tenebre ricordano il momento del tradimento, dove il male sembra averla vinta sulla Verita, è il momento della confusione, della dimenticanza dove non sappiamo più dov’è il Signore. Siamo infatti nel contesto della cena d’addio di Gesù coi discepoli, e la scena si apre con la descrizione dell’uscita di Giuda («Quando Giuda fu uscito…»). Dal versetto trenta del nostro capitolo apprendiamo che «era notte». Ma in questa notte – la notte della tragedia che sta per consumarsi – una luce comunque risplende: la gloria del Figlio dell’Uomo. Nella logica dell’amore niente si è perso è Gesù lo ricorda parlando di Glorificazione!
Nel linguaggio e nella teologia di Giovannea la gloria (in greco: doxa) è la «manifestazione visibile della maestà di Dio. L’originalità del vangelo di Giovanni consiste che la doxa-gloria di Dio non si manifesterà solo dopo la risurrezione, ma già nella sua passione e morte possiamo trovare le tracce della gloria giovannea. Vogliamo ricordare che la gloria di Gesù si manifesta a Cana «Così Gesù diede inizio ai suoi segni in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui»; Gv 2,11, e negli altri “segni” Giovanni non usa la parola “miracoli” da lui compiuti, e infine nella sua risurrezione, il segno della potenza di Dio per eccellenza.
Giovanni concepisce gli avvenimenti della passione, morte e risurrezione come un tutt’uno, e quindi anche nella sconfitta della croce – che ha il suo prologo qui, nella pagina odierna, nel tradimento di Giuda – risiede la potenza di Dio. Anzi. È proprio lì, sulla croce, il segno più grande della potenza di Dio: perché, a ben vedere, non di una qualsiasi morte si tratta, ma della morte del Messia.
Permettetemi di aggiungere che la gloria e la potenza di Dio si manifestano soprattutto quando Gesù accetta la volontà del padre e si incammina con la faccia dura verso Gerusalemme, quanta Gloria Gesù manifesta nel suo “sia fatta la tua volontà”.
Torniamo ancora alla nota introduttiva di Giovanni: Solo «quando Giuda fu uscito dal cenacolo» (13,31). Giovanni riprende questa “uscita di Giuda” senza menzionare il suo tradimento quasi a ricordarci che quando si allontana in realtà spezza ogni legame di comunione con Gesù, ma anche con gli altri discepoli con tutta la comunità e lui si ritrova nell’abisso della solitudine dove ogni suggestione del male si amplifica e non c’è nessuno che potrà salvarlo.
È proprio in questo momento che Gesù mostra la misura dell’amore: «che vi amiate gli uni gli altri», ma aggiunge: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Il “come” è il modo e la misura, non ci sono altri esempi o modelli che possano indicarci come e quanto amare. In questo momento di tenebra, quando sembra che tutto finisce e ogni comunione non trova più senso di esistere, la gloria propria dell’amore che resiste attraversa ogni mancanza d’amore vincendo e trionfando con la sua debolezza.
Cesare Cremonini canta così: “Sì, dev’essere così che tutto quel che serve è un cuore altrimenti non saresti qui a farmi respirare amore”! Giuda è dentro di noi e Giovanni lo sa bene, anche noi potremmo abbandonare Gesù, tradirlo, decidere di non respirare più il Suo amore e abbandonare i fratelli o la nostra comunità. Sarà la gloria di Gesù Risorto a ristabilire una nuova comunità, ma sempre nel Suo nome. Gesù risorto si manifesterà alla comunità riunita.
Il versetto 31 ci permette di spostare lo sguardo su una realtà più grande che ha potere su tutti e su tutto ed è la gloria ed è un’esplosione di giubilo. La gioia vince sulla divisione questa gloria viene a risanare le ferite di un tradimento. C’è di più la glorificazione di Gesù ha alle spalle un tradimento da risanare è vero, ma ha davanti a sé il dono dello Spirito che sarà dato loro che ripoterà la pace.
Solo qui sentiamo Gesù che chiama i discepoli «Figlioli» che in greco diventa: tekníon figlioletti; e serve a esprimere la tenerezza di Gesù verso una comunità di seguaci ferita per quello che succederà da quella uscita di Giuda, ma Gesù parla anche di una partenza sua imminente l’ultimo colpo di grazia prima di trovarsi dentro la battaglia più terribile della loro vita.
E mentre tutto si frantuma Gesù rimette insieme i pezzi del loro cuore lasciandogli il comandamento dell’amore che diventa non solo un programma di vita, ma rende la comunità garante della fede di ognuno. Da questo nuovo amore tutti riconosceranno l’appartenenza dei discepoli al Signore risorto.

* Suor Vincenzina Botindari nasce a Casteltemini (Ag) nel 1975. Suora francescana missionaria del Cuore Immacolato di Maria è impegnata come referente, per le Suore Francescane missionarie del cuore Immacolato di Maria, nella Onlus Oltremare per il sostegno a distanza e progetti missionari, nella pastorale giovanile e nell’IRC. Attualmente vive a Roma nella sua numerosa e missionaria fraternità da dove partono e ritornano le sorelle dalle varie missioni presenti. Un carisma francescano e missionario che non teme di raggiungere gli estremi confini del mondo!