“Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro” (At 2,3). È questo fuoco che spinge gli apostoli ad “annunciare le grandi opere di Dio” (At 2,11), ed è lo stesso fuoco che spinge anche noi missionari, giorno dopo giorno. A volte sembra spegnersi, scomparire sotto la cenere, ed è proprio per questo che abbiamo bisogno di celebrare la Pentecoste: per non dimenticarci mai del fuoco che il Signore ha messo nei nostri cuori, quando ci ha scelti ed inviati, fino ai confini della terra.
Commento alla Parola nella Solennità di Pentecoste a cura di p. Piero Masolo, PIME (Pontificio istituto missioni estere).
Dagli Atti degli Apostoli (At 2,1-11)
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,15-16.23b-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Commento alla Parola
Mark, americano originario del Michigan, si trova in Giappone. Biplob, che è bengalese invece, vive a Mindanao, nel sud delle Filippine. Rako, americano di adozione ma di origine calabrese, è in Papua Nuova Guinea. Il togolese Kristophia vive in Cambogia. Paolo, originario di Monza, con genitori siciliani, si trova nel nord della Thailandia. Paese da cui proviene Pong, che vive ad Hong Kong in Cina, la città che Alessandro, della provincia di Lecco, raggiungerà tra pochi mesi. Josè è brasiliano e vive a Yangon in Myanmar. James è di Chicago e si trova in India, come Claudio, che invece viene dalla provincia di Milano. Davide è originario di Treviso e vive in Algeria, Anand invece è indiano e si tova in Tunisia, insieme a Patience, che è camerunese. Il brasiliano Chico vive in Ciad, e l’ivoriano Ferdinand in Messico. Bosco è indiano e si trova nella foresta amazzonica, a nord del Brasile, e Daniele, siciliano, vive in Michigan, nella stessa comunità dove mi trovo anch’io. Siamo tutti missionari del PIME, padri e fratelli, con le origini più diverse, sparsi nei cinque continenti.
Mi sembra di rivedere la folla assiepata a Gerusalemme, che non sa spiegarsi come sia possibile che i discepoli improvvisamente parlino in tutte le lingue: “Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Capadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio»” (At 2,7-11).
Senza Pentecoste non ci si può spiegare come persone dalle provenienze così diverse possano essere unite per annunciare il Vangelo, e partire fino ai confini della terra, trasformando in “casa” Paesi di cui ignoravano l’esistenza soltanto pochi anni prima. Per sentirsi a casa dall’altra parte del mondo ci vuole tempo e pazienza: il primo passo per ogni missionario è imparare la lingua del Paese in cui è arrivato. A volte occorrono anni. Eppure è l’unico modo per capire (o almeno tentarci), per comunicare con la gente (o almeno sperare di farlo), e per mostrare concretamente affetto per le persone a cui siamo mandati (e loro lo colgono al volo!).
La glossolalia, cioè il dono di parlare in lingue che non si conoscono, è un carisma che tutti noi missionari vorremmo chiedere al Signore, per evitare anni di studio e di inculturazione. Invece c’è da rimboccarsi le maniche e studiare, fare montagne di errori, lasciarsi prendere in giro, tornare come bambini all’asilo e riderci su. La glossolalia è il segno della Pentecoste dato ai discepoli: “Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro” (At 2,3). Luca, scrivendo gli Atti degli Apostoli, non sa bene come definire il soffio dello Spirito, questo cambiamento che avviene nei discepoli, rendendoli capaci di Parola. Il fuoco è un’immagine potente, dinamica, viva.
È questo fuoco che li spinge ad “annunciare le grandi opere di Dio” (At 2,11), ed è lo stesso fuoco che spinge anche noi, giorno dopo giorno. A volte sembra spegnersi, scomparire sotto la cenere, ed è proprio per questo che abbiamo bisogno di celebrare la Pentecoste: per non dimenticarci mai del fuoco che il Signore ha messo nei nostri cuori, quando ci ha scelti ed inviati, fino ai confini della terra.
Signore, per favore continua a mandarci lingue come di fuoco,
perchè, ispirati, possiamo imparare lingue nuove,
lingue che ci permettano di farti conoscere e amare,
a tutti coloro a cui Tu ci hai inviato.
Amen
p. Piero Masolo, PIME