Ogni mese una parola con cui approfondire e gustare il nostro rapporto con Dio e vivere in pienezza la nostra missione. Per il mese di agosto, la parola missionaria è ordine: un invito a rileggere la nostra vita, fare spazio al nuovo e lasciarci trasformare dalla Parola che dà senso e armonia al nostro cammino.
A cura di di Fra Adolfo Marmorino OFM
L’estate, almeno qui in Italia, è il periodo in cui – durante un tempo un po’ meno impegnato – facciamo il punto della situazione, rileggiamo l’anno pastorale appena concluso e cerchiamo di progettare il nuovo che inizierà a breve. Per noi religiosi poi, spesso diventa il tempo in cui ci prepariamo per affrontare e vivere una nuova esperienza grazie agli spostamenti che i nostri istituti ci chiedono e quindi iniziare a mentalizzare nuovi luoghi, nuove persone da incontrare, nuovi fratelli con cui vivere il prossimo periodo, nuovi incarichi. Un periodo in cui siamo chiamati a mettere un po’ di ordine nelle nostre cose, nella nostra testa, nella nostra vita. E proprio l’ordine che mi accingo a fare mi richiama alla mente un episodio che ho vissuto qualche tempo fa:
Un giorno di fine anno pastorale, a Brazzaville, nel nostro centro di accoglienza per ragazzi di strada. Dopo un cammino di preparazione, sei dei nostri ragazzi più grandi, ricevettero la Confermazione mentre altri quattordici il Battesimo e la Prima Comunione.
I nostri ragazzi hanno seguito il catechismo assiduamente, grazie all’aiuto di uno dei nostri educatori che funge anche da catechista. All’inizio, negli anni passati, frequentavano il catechismo in parrocchia, ma vista la distanza (a volte erano per la strada del ritorno quando era già buio) e i pericoli della strada, d’accordo con il parroco, abbiamo cominciato ad organizzarci sul posto.
Certo, i ragazzi hanno dovuto fare dei salti culturali pindarici per entrare negli schemi di pensiero del catechismo, a volte hanno dovuto imparare a memoria delle definizioni che non comprendevano del tutto ma poi piano piano ci siamo arrivati. E come succede in ogni sfida culturale, quando la affrontiamo diventa per noi la possibilità per arricchirci di senso e per meglio comprendere le cose e noi stessi.
Così, mentre facevo le interrogazioni per verificare il livello di preparazione, chiesi ad un ragazzo: “Quanti sono i sette sacramenti?” E siccome vedevo che non rispondeva, gli dissi: “Allora?” E lui: “Un attimo, li sto contando!” Ad un altro chiesi di enunciarmeli ad uno ad uno e lui cominciò così: “dunque… sacramento dell’Ordine…”. “Un attimo – gli dico – cominci da quello più difficile… sai almeno cos’è il sacramento dell’Ordine? E lui mi risponde candidamente: “kobongisa biloko” – che in lingua Lingala vuol dire: “sistemare le cose”!
Certo non è semplice, credo, neanche per i nostri ragazzi in Italia, associare a dei nomi “tecnici” del catechismo, il loro significato teologico. Del resto, quanti, fra i nostri ragazzi di catechismo, saprebbero dire perché quel sacramento si chiama Ordine? Quando devi fare i conti con altre lingue e culture, sei forzato ad interrogarti sul significato delle parole, sulla loro etimologia affinché la spiegazione risulti chiara e familiare, affinché non ci siano termini astratti ma immagini conosciute da associare per analogia. Sappiamo noi quanta gente, nelle nostre parrocchie in Italia, durante la recita del Credo la domenica, capisca realmente cosa significhi “generato non creato, della stessa sostanza del Padre”? Ed esempi come questi ce ne sarebbero tanti che forse ci dicono come sarebbe auspicabile un rinnovamento del linguaggio durante le nostre liturgie.
Dunque, SISTEMARE LE COSE… “Non sarebbe male” – risposi al ragazzo di cui sopra – “se tu riuscissi a fare dell’ordine nelle tue cose, un sacramento, ossia un segno visibile della presenza e della forza di Gesù”. “Del resto, dove c’è Dio c’è ordine e armonia; infatti, la prima opera che Dio fa è proprio mettere ordine: separa le tenebre dalla luce (Gen 1,4); poi dà un nome alla luce e alle tenebre (giorno e notte) (Gen 1,5), quindi fa il cielo per separare le acque di sopra dalle acque di sotto (Gen 1,7) ecc., mentre al di fuori di tutto ciò c’è solo caos e disordine. Tuttavia – risposi continuando al ragazzo – questo non ti direbbe ancora il significato del sacramento in questione. Ma se per ora ti impegni a vivere quello che hai capito, sarai già a buon punto”.
Quando il giovane Francesco di Assisi chiedeva insistentemente a Dio di illuminare il suo cuore per capire la Sua volontà, Gesù gli disse: “Francesco, va’ e ripara la mia casa, che, come vedi, è tutta in rovina”. Francesco si guardò intorno e si rese conto che in effetti quella chiesetta in cui pregava era messa male e subito si adoperò per sistemarla. Così iniziò a rispondere alla chiamata di Dio facendo… il muratore. E riparò diverse chiese: S. Damiano, S. Pietro, La Porziuncola… Aveva forse sbagliato? No, stava facendo con tutto il cuore, la mente e le forze, quello che aveva capito fosse la volontà di Dio. E non ha mai rinnegato quello che ha fatto, non ha mai detto: mi ero sbagliato, ho fatto un errore di discernimento… Poi capirà che il Signore gli chiedeva qualcosa in più: riparare la Sua casa che è la Chiesa e che era anche la stessa vita di Francesco. E questo lo farà, con tutto il cuore, la mente e le forze, ma forse grazie anche al fatto che non ha mai aspettato di comprendere perfettamente il Suo volere, ma di farlo immediatamente per quanto compreso volta per volta.
Iniziamo allora da quel poco che comprendiamo ogni giorno e facciamolo con tutto il cuore, la mente e le forze, e forse ci renderemo conto che in realtà, non sbagliamo perché la nostra vita e il nostro mondo ogni tanto hanno bisogno di un po’ di ordine.
Crediti foto: dorian2013//Collezione Essentials/Getty Images