Da folla a discepoli. Commento al Vangelo

«Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo». Gesù si rivolge alla folla che cammina con Lui e, voltandosi, indica un passaggio decisivo: non basta seguirlo da lontano, occorre scegliere di appartenergli davvero. Dal cammino anonimo della folla alla fedeltà della comunità dei discepoli: un invito esigente che apre il cuore alla vera sequela.

Meditazione a cura di Sr Melania Gramuglia, Suore della Carità di Giovanna Antida Thouret

Dal Vangelo secondo Luca Lc 14,25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Commento al Vangelo

La liturgia oggi propone uno di quei passi evangelici che chiedono innanzitutto di essere ben compresi per non travisare le parole di Gesù: scavare l’oggettività del testo diventa fondamentale per lasciare che il cuore e gli affetti siano orientati dalla Parola, che illumina i nostri passi come discepole e discepoli del Maestro in cammino verso Gerusalemme.

Infatti, molta folla camminava con Lui (14,25), mentre la Sua direzione era chiara e decisa verso la città della sua Pasqua (9,51-19,44): ma quanti potevano dirsi veramente discepoli? Tra quelli che camminavano con Lui, come poteva avvenire la trasformazione da folla a discepolo di Gesù? A Palermo, dove ho vissuto alcuni bellissimi anni di missione, quando si viene a conoscere qualcuno o quando si chiedono informazioni di una persona che si vuole identificare meglio, si usa un’espressione che mi è sempre molto piaciuta: “a cu apparteni?” cioè “a chi appartieni?” In altre parole… “di chi sei?”. Beh, in questo discorso rivolto alla folla che cammina con lui (voltandosi, disse loro), mi sembra che Gesù presenti qualcosa di simile per lasciare intravedere un percorso che conduce al salto decisivo: passare dall’appartenenza anonima alla folla, all’appartenenza costante alla comunità discepolare.

Un salto impossibile? A prima vista sembrerebbe di sì. Gesù, infatti, pare intenda scoraggiare i suoi interlocutori e per tre volte ripete “… non può essere mio discepolo” (14,26.27.33). Davvero voleva fiaccare il desiderio di sequela di chi era in qualche modo attratto da lui e continuava ad andargli dietro?

Se si leggono attentamente le parole di Gesù, si trovano alcune chiavi di lettura: si nota, infatti, una struttura e una dinamica che attraversano il suo discorso e aiutano a inquadrarlo meglio prima di concentrarsi sul contenuto delle singole affermazioni. Innanzitutto, Gesù comincia a parlare in generale (14,26: se uno; 14,27: chiunque…) come a presentare una regola universale; in un secondo momento, continua in crescendo, prima con delle immagini (14,28: chi di voi…?) e poi con una conclusione molto forte e diretta (14,33: così, dunque, chiunque di voi…) con cui si rivolge apertamente alle folle che stanno camminando con Lui. Ci sa fare, Gesù: prepara, accompagna, prende il tempo, ma provoca in maniera decisa perché si arrivi al cuore e ciascuno si senta interpellato in prima persona.

In secondo luogo, in ognuna delle sue affermazioni viene messa in luce una comparazione tra alcune realtà umane e il discepolato: il senso non è tanto una contrapposizione, quanto un confronto che in maniera esigente chiede di individuare una priorità tra le due realtà. Così è dei discernimenti più esigenti e preziosi della vita, quelli che non si giocano tra bene e male, in cui la scelta viene a noi con evidenza (anche se non necessariamente con spontaneità nell’adesione del cuore), ma quelli in cui si è interpellati a scegliere tra bene e meglio. Qui la libertà è chiamata in causa più profondamente, perché la scelta implica una direzione, un orientamento della vita, come a dire: in fondo, alla resa dei conti, a chi appartieni?

E infine, le parole di Gesù mettono in luce di volta in volta degli ambiti che caratterizzano in maniera intrinseca la vita umana: le relazioni, in particolare quelle più intime e vitali, la vita stessa, i mezzi a disposizione, le forze e le capacità per realizzare la propria progettualità. A chi appartieni, cioè da dove vieni, da chi dipendi e come ti orienti in ognuno di questi ambiti vitali della tua esistenza? Non può essere discepolo chi non riconosce la priorità che l’andare a Gesù (14,26) e l’andare dietro a Lui (14,27) implica: Lui diventa misura e criterio nelle relazioni, nell’investimento della propria vita e nella libertà dai propri beni.

Non è la prima volta che il Gesù di Luca parla francamente delle esigenze della sequela (cf. 9,23-26; 9,57-60) e ancora tornerà a farlo molte volte, soprattutto in relazione alle ricchezze (cf. 16,16), ma la formulazione che emerge in questo brano è particolare per vari motivi. Innanzitutto, tali dichiarazioni di Gesù si trovano nel contesto del suo cammino verso Gerusalemme: non basta più camminare con Lui, vagamente attratti dalle sue azioni e dal suo insegnamento, occorre sapere che quella è la sua meta e scegliere Lui che va verso la croce, prendenso la propria. Inoltre, le due brevi parabole che cercano di approfondire e spiegare le condizioni che Gesù sta dichiarando come imprescindibili per essere discepoli, descrivono tappe differenti del cammino: qualcuno che vuole costruire una torre, ma non ha ancora cominciato a farlo (14,28-30) e un re che ha già intrapreso il suo progetto, ma si trova a decidere se è in grado di portarlo fino in fondo.

Le due immagini, cioè indicano tappe diverse del discepolato, tra il desiderio iniziale e la decisione perseverante, misurati con i mezzi a propria disposizione. In entrambi i casi c’è prima da sedersi, cioè riflettere, valutare, avere ben presenti le esigenze di quanto si intende realizzare. Volere qualcosa e poterlo vivere sono due forze messe a confronto: un confronto impari in cui il risultato sembra indicare l’impossibilità del progetto. Allora Gesù vuole davvero scoraggiare la molta folla che cammina con Lui?

Mi piace pensare che Gesù sia talmente onesto e trasparente da non lasciare chi lo ascolta nell’illusione del famoso detto “volere è potere”. La sua parola franca invita chi è attratto da Lui a fare verità nei propri desideri, fino a scoprire che seguirlo vale più di ogni altra realtà, pur intima e vitale, non per abbandonarla, ma per metterla nel giusto ordine. Non avviene da un giorno all’altro, ma nel cammino costante ad un certo punto accade che il desiderio diventi così profondo da sentire che “volere è chiedere” il dono che si desidera: allora la sua realizzazione anche quando fosse impossibile agli uomini diventa possibile a Dio (18,27) e lasciare diventa ricevere molto di più (18,30).

Noi, che forse abbiamo già iniziato a desiderare di seguirlo, davanti a questa Parola siamo provocati a rimanere discepoli nelle scelte esigenti che ogni giorno la vita ci pone di fronte, perché non c’è occasione in cui la libertà non sia provocata tra il bene e il meglio, tra la mediocrità e il di più di una vita veramente evangelica: a Lui non sarà impossibile concederci che la nostra vita, piano piano, prenda la forma della sua rendendoci pienamente suoi discepoli.

Sostieni TerraeMissione.it:
Per dare voce alle periferie abbiamo bisogno di te!

Di notizie ce ne sono tante. Spesso quelle che più ci stanno a cuore non riescono a trovare spazio sulle prime pagine dei giornali. Sostenere terraemissione.it significa permetterci di continuare il nostro impegno per un’informazione libera e indipendente, al fianco degli ultimi e al servizio del Vangelo.

SOSTIENICI
Vuoi tenerti aggiornato sulle ultime notizie?
Iscriviti alla Newsletter di Terra e Missione

Lascia un commento