Sale quanto basta

di Anna Moccia

Spesso oggi la nostra società ci delude con atteggiamenti violenti ed estremistici, facendoci vivere in ostaggio di una cultura mercificata e mercificante. Ma bisogna vedere il Regno di Dio con una prospettiva olistica: come una rete che può prendere pesci cattivi e pesci buoni, come un campo in cui può crescere il grano buono e la zizzania, come le dieci vergini, di cui cinque sagge e cinque stolte. E diventare segno di contraddizione per realizzare il cambiamento, nel paradosso di cui parlava l’apostolo Paolo, secondo cui la potenza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza (2Cor 12, 9). La scelta missionaria non è assolutamente una fregatura ma una straordinaria opportunità. Sono le riflessioni di Giulio Albanese, missionario comboniano e nota firma del giornalismo italiano, con cui abbiamo dialogato durante un incontro al Centro missionario della Diocesi di Porto-Santa Rufina.

«L’evangelizzazione non è questione di aritmetica – ci spiega padre Giulio Albanese -. Siamo chiamati per vocazione a essere “sale della terra” ma non dobbiamo trasformare il mondo in una saliera o ancora tutto in lievito. Bisogna avere un atteggiamento rispettoso dell’alterità e mettercela tutta per valorizzare ciò che c’è di buono nella società di cui siamo parte integrante, evitando di scadere nel pessimismo».

La chiave è nell’informazione, prima vera forma di solidarietà. Il comboniano esorta i giovani a interpretare i segni dei tempi e a documentarsi: «Dobbiamo far girare i neuroni della testa ma anche quelli dell’anima, capire che abbiamo un destino comune e che le distinzioni operate dagli uomini sono contro Dio e contro l’uomo. Solo l’informazione può farci scoprire che la realtà è distante anni luce da quello che può essere il nostro immaginario, che ci sono tragedie che non sono mediatizzate e tante persone nei Paesi nel Sud del mondo a cui vengono negati diritti fondamentali, che muoiono d’inedia e pandemie».

«Come diceva Martin Luther King “Io non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti” e noi non possiamo mettere la testa sotto la sabbia ed essere delle semplici comparse sul palcoscenico della storia: le Afriche della nostra beneficenza non sanno che farsene, le Afriche invocano giustizia», conclude il missionario.

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