Crisi o eutanasia delle vocazioni?

di Anna Moccia

Domenica 22 aprile la Chiesa celebra la 55ª edizione della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Lo slogan biblico scelto per l’occasione è “Dammi un cuore che ascolta” (cfr. 1Re 3,9): i giovani sono chiamati a un ascolto profondo della Parola per scoprire la chiamata speciale e personale che Dio ha pensato per ciascuno di loro. E in questo percorso dovrebbero essere guidati da “pastori” esperti, che in un mondo sempre più dominato dall’incertezza, dalla fragilità e dall’incoerenza, possano aiutarli a percepire con sicurezza quale sia la strada da percorrere. Eppure, oggi ci si ritrova davanti a pastori che non sono neppure pecore. Nel Vangelo di questa domenica (Gv 10, 11-18), Gesù mette in guardia dai falsi pastori, dai quei “mercenari, che quando vedono venire il lupo, abbandonano le pecore e fuggono”, che cercano i propri interessi e che, assuefatti dal potere, sono spaventati dalla passione dei giovani e dal loro entusiasmo, che vorrebbero mettere a tacere. Quando, ad esempio, si parla di vocazioni alla vita consacrata, oggi si aggiunge spesso che esse sono in crisi, intendendo con questo che sono in diminuzione. Le diverse congregazioni si affannano nel reclutamento dall’estero, per riempire i monasteri vuoti o ancora mantenere in vita le strutture. Ed è così che giovani più “malleabili”, che magari avrebbero anche altre vocazioni, vengono selezionati al posto di chi ritenuto inadatto, perché con le sue idee innovative potrebbe “risvegliare” strutture che oggi sembrano essere destinate inesorabilmente al declino. Si assiste a una “eutanasia delle vocazioni” proprio da parte di quei professionisti che invece dovrebbero indirizzare il cammino dei ragazzi, in un mondo già di per sé bombardato dai diversi stimoli della società liquida, che rende sempre più difficile la scelta.

Il Talità Kum, “Bimba mia, alzati!”, del Vangelo, che tanto servirebbe ai giovani e alla Chiesa, si è trasformato in un “mettetevi pure comodi” e in un’eutanasia del futuro.

Fondamentale nella missione della Chiesa, anche in virtù del Sinodo dei vescovi dedicato al discernimento vocazionale e previsto in ottobre, sarà capire l’importanza di dare una spinta decisiva in favore della vita, nella logica dell’incontro e dell’accoglienza, più che dell’egoistica sopravvivenza come “specie religiosa”, in via d’estinzione. Allo stesso tempo i giovani sono chiamati a non accontentarsi, ad affrontare con coraggio le sfide di questo tempo, sostenuti dall’unico Buon Pastore Gesù che, con la sua chiamata, chiede di mettersi in cammino e di seguire con prontezza e generosità la sua voce.

Nella foto un giovane sacerdote da poco ordinato nella Diocesi di Mangochi, in Malawi © Anna Moccia 2018

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