Una candela per i diritti umani

di Federico Sartori

A Verona, come in altre 80 città italiane, sono stati organizzati una serie di eventi per ricordare i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti umani. Al momento del volantinaggio in stazione per sensibilizzare su questo importante compleanno e sul significato dei diritti umani è seguita una fiaccolata in piazza Erbe, nel centro storico, dove abbiamo letto integralmente la Dichiarazione. Ho partecipato alla manifestazione insieme agli altri giovani del Gim – Giovani Impegno Missionario, un movimento legato ai missionari comboniani.
In quei momenti pensavo: “sono nel foro della Verona romana, nel centro di quella che all’epoca era il punto nevralgico di scambio e confronto tra la popolazione, e nel passare dei millenni questa piazza ha rappresentato la storia e la vita pulsante di Verona e dei suoi cittadini. Ed è proprio partendo da qui che abbiamo voluto ricordare un momento importante della storia dell’uomo e della donna, un momento nel quale in modo universale sono stati definiti i diritti dei cittadini del mondo”. Mentre ero assorto in queste mie riflessioni, una ragazza ci ha ricordato che la Dichiarazione, seppur firmata dagli stati membri delle Nazioni Unite, è stata in parte disattesa ovunque dagli stessi Stati firmatari. È stato quindi quanto più che importante il nostro trovarci per manifestare insieme, come a dire: caro Stato italiano, cara Europa, care Nazioni Unite, noi che siamo qui a Verona, come in tante altre piazze italiane, con la nostra piccola fiammella accesa, piccola ma che con tante altre fa luce, ce lo ricordiamo che cosa avete firmato e vi ricordiamo che riconoscere i diritti vuol dire essere “umani” e andare contro ogni forma di razzismo e di discriminazione.
La lettura è stata molto toccante e significativa, perché fatta da tante persone, italiane e non, di varie confessioni religiose, di diversi orientamenti sessuali, in italiano, in inglese, in spagnolo, in tedesco, in francese, in arabo e in curdo, per sottolineare il carattere universale di questa dichiarazione. A ogni articolo si festeggiava, come giustamente si fa ad un compleanno, levando la nostra candela verso il cielo. Un’emozione bellissima: la luce che illumina le tenebre, anche quelle dei nostri cuori. Una candela da sola non potrà mai vincere il buio, ma tante ce la possono fare. Poi, se la tua candela si spegne, a fianco a te c’è un vicino pronto a riaccenderla. In fondo essere umani vuol dire proprio questo: “illuminarci” l’un l’altro per affrontare le tenebre della vita e regalarci un mondo migliore.
Il primo articolo della dichiarazione dei diritti dell’uomo recita:
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
La manifestazione era apartitica e assolutamente laica, ma a me nella mia mente risuonava quel comandamento che Gesù stesso ci ha dato:
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.” (Gv 15,12-17).
Fatalità, noi quel Gesù lì lo ricordiamo anche tramite la luce di una candela. Egli è venuto per dare salvezza e amore a tutta l’umanità indistintamente, e poi ci ha detto: ora tocca voi. Ma noi siamo pronti a diventare fratelli? A distanza di settanta anni dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo siamo pronti ad affermarli e richiederli questi diritti? Noi che eravamo in piazza con la nostra piccola fiammella, umilmente ma a testa alta, abbiamo detto il nostro .

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