Alessandra Ballerini ai giovani del Gim: “Occuparmi dei diritti umani è un privilegio”

di Anna Moccia

A colloquio con l’avvocato della famiglia Regeni durante la convivenza natalizia di Venegono

Difendere gli “ultimi” non è compito facile. E lo è ancora meno se ti trovi a dover denunciare ingiustizie compiute da chi è al potere, a fare nomi di quei personaggi importanti che nascondono gravi soprusi approfittando dell’autorità dei loro incarichi.
Eppure Alessandra Ballerini fa proprio questo: da anni, come avvocato civilista, si occupa di diritti umani e immigrazione e si batte a proprio rischio a difesa di valori fondamentali quali l’uguaglianza, la giustizia e la dignità. Noi del Gim – Giovani Impegno Missionario – abbiamo avuto modo di ascoltare le sue parole durante la convivenza natalizia che si è svolta dal 27 al 31 dicembre a Venegono Superiore e che ha riunito oltre 20 ragazzi per un’esperienza all’insegna della condivisione e della solidarietà.
Alessandra ci ha parlato delle atrocità commesse nei confronti di Giulio Regeni, un ragazzo che come noi andava dietro alle sue passioni, uno studioso che ha pagato con la vita la sua sete di conoscenza e il suo desiderio di far emergere oltre confine alcuni aspetti della società egiziana. E della strada tortuosa che lei stessa ha intrapreso al fianco della famiglia Regeni in ricerca della giustizia e della verità. Una lotta collettiva che cerca di contrastare prima di tutto il silenzio e la paura scesi, soprattutto in Egitto, attorno al caso di Giulio ma che oggi, pur avvalendosi della voce di numerosi testimoni, viene ostacolata da chi cerca di insabbiare le notizie e di fomentare l’omertà attraverso l’arresto di persone innocenti come Amal Fathy, moglie del consulente legale della famiglia del giovane ricercatore.
Alessandra ha iniziato il suo lavoro a difesa degli ultimi quasi per caso. A partire dall’incontro con un cittadino ecuadoriano che viveva da molti anni a Genova e che, a causa della legge Turco-Napolitano, rischiava l’espulsione. In quel caso scelse di aiutarlo a fare ricorso e insieme vinsero la causa, con il risultato che poi il suo studio fu invaso da altre persone che come lui avevano bisogno di assistenza legale. “Occuparmi dei diritti umani è un privilegio. Le violazioni di questi diritti riguardano tutti noi e non è possibile abbassare lo sguardo o voltarsi dall’altra parte” ci racconta durante la sua testimonianza.
Ci piace pensare che nessun incontro sia casuale, che ogni persona rivesta una grande importanza e che possa rivelarsi una straordinaria opportunità per gli altri. Pur non avendo avuto il privilegio di conoscere Giulio, di lui restano vive la sua curiosità, il suo desiderio e il suo impegno, gli stessi ideali che si trovano in tanti giovani del nostro percorso missionario, che oggi hanno il coraggio di andare oltre i propri confini e le proprie sicurezze rompendo tutti quei muri di diffidenza, le barriere culturali e sociali che ci fanno percepire l’altro come una minaccia o un pericolo per il futuro. La scelta di Giulio ci obbliga a non fermarci al suo ricordo ma di proseguire insieme a lui questo cammino per la costruzione di ponti di fiducia, che possano sempre più allontanare indegnità e violenze, essere sale e luce testimoniando soprattutto la verità.

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