“Il mio cammino con le donne crocifisse”. Intervista a Don Aldo Buonaiuto

di Anna Moccia

La presenza di Dio nella nostra vita non lascia mai tranquilli. Spinge sempre a muoversi, ad uscire dalla tranquillità delle proprie esistenze per dare voce a chi non ha voce. Ad affrontare l’indifferenza che sempre più paralizza le nostre società anche su strade che nessuno vorrebbe mai percorrere, come quelle in cui si imbatte quotidianamente don Aldo Buonaiuto con la Comunità Papa Giovanni XXIII. Noi di Terra e Missione abbiamo intervistato sugli elementi che sono alla base del suo servizio, teso al recupero delle vittime della tratta.

Don Aldo, perché è importante spingersi nelle periferie del mondo?
«Ci sono tante persone che non hanno voce, che sono oppresse ed emarginate. Non possiamo dimenticarci di loro, di chi è vittima della tratta e in particolare della prostituzione coatta, che in Italia è molto presente. Ci sono giovani che dopo un percorso drammatico diventano vittime di un sistema perverso, composto da individui senza scrupoli che pensano di avere il diritto di comprare il loro corpo. Anche la Chiesa non può restare chiusa nelle sacrestie ma deve relazionarsi con il prossimo, perché fatta di persone che sono chiamate da Gesù a vivere il Vangelo partendo dai più deboli».
Perché tra i tanti servizi ha scelto di dedicarsi alle vittime della tratta?
«Nella Comunità la mia attività a favore di queste donne è iniziata proprio conoscendo il fondatore, don Oreste Benzi che, oltre 20 anni fa, mi invitava a seguirlo sulla strada “per incontrare Gesù crocifisso”. Inizialmente è stata un’esperienza dura e inimmaginabile ma poi quest’attività è divenuta centrale nella mia vita e due anni dopo ho aperto una casa rifugio per le vittime di tratta».
Quanto è difficile parlare di questi temi e come realizzare un cambiamento?
«Risvegliare le coscienze significa ammettere di essere complice di un sistema perverso e ancora purtroppo caratterizzato da un maschilismo imperante, dove si pensa di avere il diritto di comprare il corpo di una ragazza per motivi di personale perversione. A volte emergono verità che si vogliono mettere a tacere, anzi troviamo coloro che fanno business sulla vita di queste ragazze, di cui il 37% sono minorenni. Un cambiamento si può realizzare innanzitutto attraverso una grande opera di sensibilizzazione. E poi con la proposta che abbiamo lanciato attraverso la campagna “Questo è il mio corpo”, ispirata al modello nordico e con l’obiettivo di ridurre il fenomeno colpendo la domanda e multando i clienti».
Lei è il coordinatore del servizio Antisette. Sono anch’esse una sorta di schiavitù?
«Il servizio si rivolge alle vittime dell’occultismo, a chi cade nelle trappole di un mondo ancora meno conosciuto. Ci sono diversi collegamenti con la tratta perché spesso le sette espongono le persone alla prostituzione ma con il numero verde (800228866) si può offrire speranza a chi trova il coraggio di chiamare per uscire da questi meandri tenebrosi».

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