#PassaPorti: quando l’hashtag si fissa nel cuore

di Federico Sartori

Tornato dalla mia esperienza estiva a Palermo e Lampedusa, avevo un sogno: vedere in una piazza di Verona giovani italiani ed africani ballare e cantare assieme. Sabato 23 marzo ho visto realizzarsi questo sogno. Con altri ragazzi del Gim di Verona, il movimento giovanile della famiglia Comboniana, abbiamo contribuito a questo sogno, che è diventato un sogno più grande: un manifesto colorato, festoso, chiassoso e gioioso dell’accoglienza e di quel senso di umanità che va oltre le idee personali di fede, politica, etica e che per me ben idealmente si racchiude in quell’arcobaleno di colori che è la bandiera della pace.
Potrei raccontarvi della fatica della progettazione dell’evento, con gruppi da trovare, idee da mettere in pratica, prove da fare, materiali da recuperare, o di quell’ansia tremenda da “ma ce l’accettano vero la manifestazione, non è che il Comune la blocca?”, o ancora quel febbrile momento di: “il countdown è vicino, i contenuti sono a posto?”.
E invece voglio condividere con voi tutti quegli hashtag, le parole chiave che ho deciso di non condividere sui social ma di fissare nel cuore:

#accoglienza: avevamo lungamente provato un flashmob, con la paura di non riuscire a far arrivare un messaggio ed ecco che, mentre lo stavamo eseguendo, un bambino si è avvicinato al tamburo probabilmente attratto dal suono. Il mio primo istinto è stato di farlo spostare per non rovinare l’effetto coreografico, poi ho pensato fosse lì per un motivo, quindi gli ho fatto cenno di aspettare ed al momento opportuno le sue manine si sono unite alle mie nel rullo di tamburo finale. Ed ecco che la parola giustizia l’ho sentita fin nel midollo!

#unitiperchéumani: camminando per le strade abbiamo cominciato a gridare a gran voce “nella mia città nessuno è straniero!” (la mia gola ne porta ancora i segni). Poi a un certo punto, abbiamo sentito un gruppetto di ragazzi africani fischiettare dietro di noi il motivetto del nostro slogan. E lì ho capito che non servono le parole, serve il cuore per sentirsi fratelli.

#mareaumana: arrivati in piazza Bra sentivo la musica ma riuscivo a vedere il nostro camioncino/palco. Per cui mi son chiesto: “ma dove dobbiamo andare?” In realtà eravamo arrivati ma c’era così tanta gente che in mezzo a quel tripudio di colori, bandiere e striscioni non avevo visto il palco. Per me è stato un chiaro messaggio: concentrarsi sulle persone vuol dire arrivare al centro e se c’è questa attenzione non serve un palco e neppure un potere più forte che possa ostacolarci.

#lastoriasiamonoi: sentire i ragazzi delle scuole superiori ballare e cantare “I cento passi” dei Modena City Ramblers è stato bellissimo, perché è stato come se idealmente avessimo unito gli ideali degli anni ‘70 a quelli dei giovani di oggi. Per me, che da sempre credo che il mondo cambierà grazie ai giovani, è stato naturale pensare: con questi ragazzi ce la facciamo, YEW WE CAN IF WE CARE!

#celabbiamofatta: l’ultima emozione sono gli sguardi tra di noi, tra tutti coloro che in qualche modo si sono spesi per questa manifestazione, uno sguardo stanco, ma felice: “ci siamo riusciti! È andata bene!”, ma anche uno sguardo fiero che sa che questo è solo il primo passo. Lavoriamo già per l’anno prossimo? Fissiamo la data?

Grandi sfide ci attendono ma se mettiamo #primalepersone ce la faremo sicuramente!
L’immagine che porto nel cuore? Questa folla colorata e festosa che si è unita alla città di Verona per un arcobaleno di pace.

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