L’eredità radioattiva di Chernobyl 34 anni dopo

di Anna Moccia

Nelle prime ore del mattino del 26 aprile 1986, il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplose. Il disastro di Chernobyl è avvenuto 34 anni ma le conseguenze sono presenti ancora oggi. E a causa dei recenti roghi che per settimane hanno imperversato in tutta la regione ucraina dove sorge l’ex centrale nucleare, si teme l’innalzamento dei livelli di radioattività in una zona che è tra le più contaminate al mondo. Ne abbiamo parlato con Valerio Rossi Albertini, fisico-chimico del Cnr, che nel 2016 si è recato sul luogo dell’incidente raccontando con parole e immagini gli effetti del disastro.

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«L’ambiente lì è tutto contaminato – spiega Rossi Albertini – ma il problema degli incendi è che il legno degli alberi è impregnato degli isotopi radioattivi. Se scaviamo nel terreno, a circa 20 centimetri (l’altezza del terreno aumenta di circa mezzo centimetro l’anno) possiamo arrivare al livello corrispondente alla polvere caduta dopo l’incendio del reattore, che le radici degli alberi tirano fuori e fissano nelle fibre del legno. Un incendio può essere particolarmente pericoloso perché rimette in circolazione nell’aria una parte dei vari isotopi che ormai erano sepolti. Presumibilmente, quelli che hanno più contenuto radioattivo sono gli alberi giovani, nati poco prima o poco dopo l’incidente, perché sono quelli che si sono dovuti accrescere drenando dal terreno l’acqua in cui erano contenute queste sostanze. Anche le vegetazioni di arbusti drenano molto dal terreno, si rinnovano di continuo e quindi sono sempre carichi di queste sostanze radioattive che pescano dal sottosuolo».
Per questo motivo, ha aggiunto Rossi Albertini, “sarà importante conoscere l’estensione degli incendi e i luoghi in cui essi divampano, anche considerando se tali aree si trovano sottovento o sopravento”.
«La direzione del vento – sottolinea – è importante perché, come abbiamo visto in occasione dell’incidente, le zone di Bielorussia e Ucraina maggiormente investite erano quelle sottovento, quelle sopravento hanno subito relativamente pochi danni. Paradossalmente, ci sono state maggiori ripercussioni in Europa che in zone limitrofe alla centrale che però erano riparate dalla direzione dei venti. Al momento è difficile dire dove ci possa essere stata la ricaduta delle sostanze radioattive, bisognerà fare un’indagine alla fine quando l’incendio darà stato domato».
Altro elemento da tenere in conto, secondo il fisico del Cnr, è il pericolo di contaminazione a livello locale generata dal pulviscolo radioattivo: «Anche se inferiore rispetto a quello di 34 anni fa, potrebbe aver contaminato frutta e vegetali. Sapendo che c’è questo pericolo, bisognerà trattare i prodotti agricoli con maggiore cura di quanto non si sia già fatto in precedenza».

Crediti foto: Anna Moccia © 2016

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