Confessioni di un animista. Fede e religione in Africa

di Claudia Giampietro

Come conoscere la storia delle religioni in Africa, continente che Benedetto XVI ha definito “immenso polmone spirituale” del mondo? L’ossigeno di una fede che si declina in modi nuovi, segnando in profondità l’esperienza di vita del suo popolo, penetra l’opera di Agbonkhianmeghe E. Orobator.

Il gesuita nigeriano, autore di Confessioni di un animista. Fede e religione in Africa (Editrice Missionaria Italiana, pp. 248, euro 23), narra in sette capitoli la storia della sua Africa: dal contesto familiare in cui l’autore conosce la fede e la spiritualità dell’animismo, passando per la conversione al cristianesimo, fino a giungere a un’accurata analisi della diffusione delle religioni che non trascura le sue profezie e patologie.

Fede e religione tra passato e presente

Il volume si fonda su una ricerca dettagliata in ambito teologico, storico e sociale e lo sguardo critico che il teologo Orobator rivolge alla propria fede, tanto nel presente come nel passato, è uno degli elementi che rendono unica questa narrazione. Egli si pone in una posizione dialogica e sincera, come esprime nelle prime pagine: “Per mia fortuna, la rottura radicale con un passato ritenuto maledetto e diabolico non si è mai concretizzata. Nel corso del tempo, ho imparato ad assumere una distanza critica ma rispettosa e riconoscente nei confronti di queste due fasi della mia esperienza religiosa” (pp. 21-22).

Orobator offre al lettore un prezioso esempio di cosa significhi essere memori delle proprie origini e conservare la bellezza di gesti, riti e tradizioni che trasmettono vita, calore e stupore. Egli racconta le origini del cristianesimo in Africa, avvolte da miti e leggende, l’arrivo dei missionari e la crescita incredibile del numero di cristiani; non manca, inoltre, l’interrogativo sull’affidabilità dei dati statistici riguardo alla capacità di descrivere fedelmente l’evoluzione della religione cristiana in questa terra.

Il “mercato delle fedi”

Seguendo i passi del teologo ugandese Emmanuel Katongole, anche l’autore si avventura nel “mercato delle fedi” per comprendere meglio la profonda relazione tra animismo, cristianesimo e islam. Nella diatriba tra teologi e antropologi sul tentativo di definire la religione africana, egli esamina le diverse tesi esposte dagli esperti e si dice convinto dell’esistenza di “un’unica religione africana che si manifesta in una varietà di forme nelle diverse zone culturali e geografiche del continente e oltre” (p. 87). In questa fase di ricerca, Orobator testimonia la grave assenza di una letteratura in materia che sia prodotta da autoctoni. Per dirla con le parole di Chimamanda Ngozi Adichie, si tratta del pericolo di un’unica storia delle religioni.

Vi sono alcune pagine nel libro dedicate all’espansione dell’islam in Africa, utili a comprendere meglio le interazioni odierne tra la religione islamica e cristiana nel continente. Come dichiarato dall’autore, anche l’islam è notevolmente diffuso e annovera un alto numero di adepti; la commistione tra religione e politica, tanto nel caso dell’islam come in quello del cristianesimo, ha condotto a una distorsione religiosa che miete costantemente numerose vittime. Di fronte a questo panorama, viene quasi da dire che se ci si sforzasse quotidianamente di recuperare quell’elemento che vive sotto il tessuto di queste due religioni, ovvero la religione africana – “il basamento su cui poggiano l’islam e il cristianesimo” (p.103) – forse si aprirebbero nuovi orizzonti di coesistenza pacifica e proficua collaborazione, in questa terra tanto martoriata da sanguinose lotte tra i seguaci delle due religioni.

Il “dizionario della vulnerabilità”

Grazie all’indagine condotta da Orobator, è possibile includere in un ipotetico “dizionario della vulnerabilità”, alla voce “abuso”, la definizione “performance patologica” riferita a una religione. Essa consiste in “una sovversione o perversione del significato e dello scopo autentico del cristianesimo” (p.123) che si manifesta in una serie di pratiche ambigue che minano i valori essenziali della religione e di cui l’autore fornisce molti esempi nel suo libro.

La via della guarigione dalle patologie che affliggono religioni e culture passa per il rispetto del creato, espresso in un linguaggio in cui non mancano aneddoti, come quello del fiume Ikpoba in Nigeria. La preziosità di questa sorgente si traduce in una consapevolezza che pervade la storia di generazioni passate, ma si perde purtroppo di fronte all’attuale sfruttamento delle risorse naturali e al maltrattamento della terra. Anche in questo senso è possibile apprendere dall’animismo, che propone il rispetto di molteplici agenti creativi, il recupero del principio di interdipendenza e creazione come atto continuo e ricorda il dovere di rendersi agenti di guarigione che spetta a ciascuno di noi.

La visione olistica e le donne

Questi sono insegnamenti di cui possiamo fare tesoro, che ci suggeriscono come reagire alla crisi pandemica mondiale che ha stravolto le nostre vite. Se pensiamo all’invito a uscire e riscoprire il nostro rapporto con la natura, diffuso al termine dei giorni di isolamento che ci è stato imposto, si tratta di una delle tante forme possibili di rendere tangibile il pensiero espresso da Orobator: “La mia formazione animista mi ha portato a quella che definisco una percezione olistica dell’universo. Il benessere è concepito come armonia e integrazione tra i quattro fratelli ecologici: noi stessi, gli altri, il mondo degli spiriti e la natura” (p.162).

Un capitolo di grande interesse è dedicato alle donne, con la menzione del rischio da cui anche l’Africa, purtroppo, non è esente: la retorica della “spina dorsale”. Qui l’autore si riferisce all’esortazione rivolta alle donne dai vescovi africani, in occasione della conclusione del II Sinodo africano nel 2009. L’espressione “spina dorsale”, con cui i vescovi definiscono il ruolo della donna, sembra subire variazioni stilistiche nell’esortazione apostolica di Benedetto XVI Africæ munus al punto da suscitare qualche perplessità. La riflessione che ne deriva conduce Orobator a sostenere che – nonostante possa sembrare di trovarsi davanti a un’affermazione senza precedenti, colma di possibilità per le donne – “in materia di uguaglianza di genere e dignità la chiesa in Africa è in ritardo” (p.198).

Le chiavi di lettura

Orobator è un uomo di fede che incarna il dialogo con la diversità, vive con grande maturità la sua conversione, e porta con sé il bagaglio delle esperienze spirituali e culturali vissute in Africa. Il suo continuo interrogarsi, il farsi ponte tra le religioni e la consapevolezza di essere per natura un privilegiato in un sistema ancora fortemente antropocentrico – tanto nella Chiesa universale come nella società africana – sono le chiavi di lettura di quest’opera.

Le sue confessioni costituiscono un prezioso testo di riferimento per il lettore in ricerca di nuove prospettive da cui osservare la propria fede, per capire che “Nessuna cultura può esaurire il mistero della salvezza. Nessuna religione ha il monopolio della verità. Se una cosa è valida, un’altra può starle a fianco. Il cielo è abbastanza grande perché diversi uccelli volino senza che le loro ali si scontrino” (p.234).

Crediti foto: Eva Blue, Unsplash

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