Mama Gosia e i 9 battesimi in famiglia. Storie di vita missionaria

45 anni, 9 figli: La storia di Mama Gosia e l’incontro con la fede, che ha cambiato la sua vita. Dalla missione in Polonia il racconto di sr. Maria Rosa Venturelli, missionaria comboniana.

di Sr. Maria Rosa Venturelli *

Il 19 luglio 2020 Margherita – chiamata Mama Gosia – ha compiuto 45 anni. Quando l’ho conosciuta aveva 28 anni e aveva già vissuto tanto e ingoiato tante difficili situazioni. Abitava in una vecchia casa diroccata e aveva già numerosi figli da padri diversi. L’ultimo compagno, Adam, era giovane ma violento. Aveva avuto altri due compagni e le sue gravidanze erano state abbondanti. Gosia aveva avuto un’infanzia difficile, una famiglia con tanti problemi e non si era mai sentita amata veramente.

Era cresciuta prima del tempo. Il primo uomo che l’apprezzò le rapì il cuore ed ebbe le sue prime tre bimbe: Monica, Anita, Emilia; poi era subentrato Stanisław, un uomo più anziano di lei, forte lavoratore e di buon carattere, che le aveva dato stabilità ed era nato Damian. Infine era subentrato Adam, che aveva sposato civilmente. Era un uomo affascinante, il quale rese però molto difficile la sua situazione. Ad Adam non piaceva lavorare, se aveva qualche soldo che rubava di nascosto a Gosia, beveva e diventava violento. Con lui ebbe 8 figli, 4 maschietti e 4 femminucce: Patryk, Adam, Sebastian, Alicja, Ewa, Marzena, Marcin, Ania. Erano così 12 figli in tempi piuttosto ravvicinati.

Monica, la figlia più grande era molto assennata e laboriosa. A18 anni incontrò il suo ragazzo e poco dopo andò a vivere con lui. Hanno due figli e sono una coppia felice. Monica ha cercato tanto di aiutare la mamma. Con il nostro appoggio riuscì a far valere i suoi diritti alla mamma… un uomo che la picchiava non valeva niente. Tanto più che Adam tirò Gosia nel tunnel dell’alcol. E fu una situazione tanto lacerante. Adam per ben tre volte finì in carcere, ogni volta per parecchi mesi per abuso di alcol e forse anche di sostanze stupefacenti. Quando Gosia era a casa da sola, diventava un’altra donna, aveva delle radici solide di fede, di fortezza, di coraggio.

Ogni volta che il marito Adam rientrava a casa dal carcere, Gosia perdeva la sua identità.

Per diversi anni lottammo con Monica, con l’aiuto anche di altre persone dell’AC (Azione Cattolica) parrocchiale. Facemmo anche una adozione a distanza per i suoi figli più piccoli, per farli studiare. Ma le nostre condizioni erano precise: stop all’alcol e alla violenza in famiglia. Il culmine venne la vigilia di Natale quando, pieno dei fumi dell’alcol, Adam si riversò su una delle figlie più grandi di Gosia. Fu il colmo. Lei ruzzolò giù per le scale per le botte e le violenze, riuscendo a salvare la figlia. Aiutata da noi che le volevamo bene, scrisse la sua prima denuncia nei confronti di Adam, suo marito da un punto di vista civile, che subì il giudizio e venne incarcerato per circa 2 anni.

La Giunta comunale ci aiutò nella ricerca di una casetta per loro, perché potessero vivere serenamente e in un ambiente sano, anche se povero, ma dignitoso.

Il sindaco era un uomo molto attento alla sua gente e le accordò una villetta in affitto – le così dette case a schiera, comunali ma ristrutturate – vederli nella nuova casetta, con più stanze per i figli, con il necessario che diverse persone loro fornivano, sentire che Gosia cercava lavoro, per la prima volta in vita sua, fu davvero un miracolo del Signore e delle tante preghiere per lei. Quando il marito Adam rientrò dal carcere la terza volta, finalmente lei lo lasciò fuori dalla porta per sempre. Fu davvero la sua salvezza e il cammino verso il riacquisto della sua dignità di donna e della sua libertà come persona umana. La fiducia in sé stessa aumentò.

Alla fine di questo percorso, lei chiese il Battesimo per 9 dei suoi figli, che non erano mai stati battezzati. Per il parroco don Zenon, un parroco pastore, nella cattolica Polonia sembrava impossibile un evento simile. Il battesimo di 9 figli! Ma accettò con tanto coraggio, ci fu una buona preparazione, e alla fine giunse a Natale il tanto sospirato evento. Il 6 gennaio due di noi furono madrine, altri amici dell’AC o laici impegnati pure. Fu un evento davvero straordinario. Gosia era felice per i suoi figli.

Diversi dei suoi ragazzini dovettero seguire un percorso di recupero anche psicologico, oggi tutti sono adulti e quasi tutti sposati. Gosia è una nonna felice. Molto di questo percorso lo deve a Monica, la sua primogenita, che ha sempre creduto nella mamma, valorizzando gli aspetti positivi della sua maternità e femminilità. E quante volte me li ha condivisi con le lacrime agli occhi.

L’anno seguente al mio rientro in Italia per ministero a Roma (era il 2008), Gosia e suo figlio Damian vennero in Italia per due settimane. Una famiglia li aiutò a pagare parte del viaggio. Non erano mai usciti dal loro Paese. Fu per loro una tappa ulteriore nella crescita personale, di fede, di universalità ecclesiale e di maturazione profonda della persona.

Lago Santo, Appennino Tosco-emiliano
Gosia e uno dei suoi figli Patryk durante una gita al Lago Santo, Appennino Tosco-emiliano


Ho molti ricordi di loro. In Italia, una sera Gosia poté fare il bagno in una grande vasca, non l’aveva mai avuta in vita sua. Si godette l’acqua profumata a lungo, poi disse a Damian che era il suo turno. Io le dissi che avrei cambiato l’acqua, ma lei non volle: l’acqua era una cosa troppo preziosa, anche Damian doveva godere della stessa acqua profumata che l’aveva estasiata. Ma emergeva qui anche la sua sobrietà, che mi fece riflettere a lungo. L’acqua è un bene prezioso da conservare il più a lungo possibile.

* Sr. Maria Rosa Venturelli, missionaria comboniana. Ha lavorato per 12 anni in Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) e 10 anni in Polonia. Autrice di Terra e Missione

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