«Verrà la vita e avrà i suoi occhi»

Da una drammatica esperienza di contagio, un formidabile sguardo sul futuro. La testimonianza di mons. Derio Olivero, vescovo guarito dal coronavirus

di Claudia Giampietro

Il libro-intervista «Verrà la vita e avrà i suoi occhi» (Edizioni San Paolo, pp.140, euro 12) è un’oasi di pace dove dissetarsi di parole di speranza per i nostri giorni, dopo aver vagato a lungo nel deserto di una crisi mondiale che ancora stenta a rallentare.

Alberto Chiara, caporedattore, responsabile del desk chiesa e società di Famiglia Cristiana, presenta in sei capitoli la testimonianza di Mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo. Molti in Italia conoscono il suo nome, hanno seguito con apprensione le recenti vicende del vescovo che ha visto da vicino la morte, dopo aver contratto il Coronavirus nel mese di marzo 2020. Il suo calvario in ospedale ci ricorda quello di tanti altri, vicini e lontani, che hanno sentito la vita scivolare via dalle proprie mani – per poi riafferrarla quasi all’ultimo istante, quando ormai tutto sembrava perduto.

Quaranta giorni in ospedale per tornare a vivere e delineare una mappa per la ripartenza, segnata da tappe che ci parlano di fede, storia, nuove prospettive per la società e la Chiesa. La riflessione su ciascuno dei vocaboli scelti induce a porsi delle domande, di fronte a un uomo che con grande lucidità esamina il presente e si interroga sul futuro.

Il vescovo di Pinerolo entra in conversazione con il lettore, si sente coinvolto in prima persona e responsabile di una lettura onesta e trasparente della vita ecclesiale. Aver affrontato la malattia e scontarne ancora le conseguenze trasmette l’inquietudine di un’esistenza costantemente protesa verso l’altro, di un’umanità che non si stanca mai di espandersi: individuo, libertà, identità, fraternità, dono e fiducia. Questo ampio respiro costituisce il ponte da attraversare per parlare poi di quelle “parole da mettere nella bisaccia di chi ha deciso di incamminarsi verso il nuovo”: confine, gentilezza, virtù, terra, fragilità, cura.

Mons. Olivero capovolge schemi prefissati, ci fa riscoprire dettagli importanti che a volte rischiano di sfuggire nel marasma in cui si è immersi quotidianamente. Con generosità, condivide il dono della sua lungimiranza: guardare sempre in alto, per non perdere di vista le stelle. Il segreto risiede proprio nell’origine del suo nome, che spiega illustrando nell’ultimo capitolo il significato del suo stemma vescovile: “Derio è un diminutivo di desiderio. La parola desiderio deriva dal latino de-sidera (stelle): mi mancano le stelle”.

Sentirsi parte di una Chiesa in uscita è quanto, da sempre, auspica Papa Francesco ed è la consapevolezza che anima le pagine di questo libro. Come afferma nella prefazione il cardinale Matteo Zuppi, “Derio ci coinvolge nella sua vicenda e, ancora di più nella sapienza umana che trae da questo confronto personale con il dolore, l’angoscia, la morte. Ci aiuta a capire affinché tutti noi, non solo lui, non torniamo stoltamente ad essere quelli di prima”.

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