Ritorno alle origini. Storie di vita missionaria in Polonia

La testimonianza è sempre la cosa più importante per far crescere il messaggio del Vangelo. Dalla missione in Polonia una bella storia di volontariato e di speranza

di Sr. Maria Rosa Venturelli*

Abbiamo conosciuto un giorno un gruppo di Volontariato, il GRIMM, con sede a Brescia. Don Serafino, santo sacerdote, ne era il fondatore e padre. Sono Volontari che hanno aiutato tante nostre missioni nel mondo. E un giorno abbiamo chiesto loro aiuto per mettere a norma l’impianto elettrico, imbiancare i locali, mettere le docce, e altro ancora nella nostra casa a Varsavia. Nel giro di due anni sono venuti 21 Volontari, uomini e donne, famiglie, giovani, durante i mesi estivi. È stata un’esperienza straordinaria.

I Volontari hanno portato molto del materiale necessario, come la vernice, offertaci e speditaci da una signora bresciana. A noi solo toccava ospitarli. Naturalmente non potevamo in casa nostra, dato che stavamo appunto restaurando gli ambienti. Allora abbiamo chiesto a diverse famiglie del nostro vicinato e in parrocchia di ospitarli, uno a uno, o per famiglia. Il parroco Don Zenon fu molto contento di questa iniziativa. Infatti al loro arrivo li accogliemmo in parrocchia con una Celebrazione Eucaristica e così al loro rientro, come ringraziamento davanti al Signore.

In Polonia il governo comunista ha sempre insegnato che le cose gratuite non valgono nulla. Ogni cosa ha un prezzo e non si fa niente per niente. L’iniziativa della proprietà privata, dove ognuno è stimolato a crescere e far fruttificare i beni che possiede, era azzerata. Il governo pensava a tutto. Noi avevamo cercato di far nascere la Caritas, di stimolare all’aiuto per i più poveri, ma il nostro messaggio non passava mai. Era davvero difficile.

La convivenza quotidiana delle nostre famiglie polacche con i Volontari fece loro comprendere, dal vivo, che cosa è il Volontariato nella Chiesa, che cosa significa spendere “le proprie ferie” donandosi gratuitamente per i fratelli e le sorelle di altri Paesi e continenti. Ogni Volontario pagava ciascuno il proprio viaggio in aereo.

Il lavoro era completamente gratuito. Erano muratori, elettricisti, idraulici, ingegneri, medici, o studenti universitari. Ognuno dava del proprio, oppure imparava dagli altri a lavorare. Non percepivano nulla. Le nostre famiglie che accoglievano erano esterrefatte: lavorare gratuitamente?!…. Fu una lezione di vita, che la nostra gente non ha mai più dimenticato. E anche noi abbiamo imparato, che la testimonianza è sempre la cosa più importante per far crescere il messaggio del Vangelo.

Il secondo anno, uno dei volontari che veniva ad aiutarci, ci scrisse in anticipo, dicendo che voleva fare delle ricerche sulla famiglia di suo papà, di origine polacca. Lui aveva lasciato la Polonia nel 1937, appena quindicenne, per sfuggire al totalitarismo. Dopo numerose avventure approdò in Italia a Brescia e qui si stabilì. Poi si sposò ed ebbe dei figli. Ma era apolide, nessuno gli riconosceva la sua cittadinanza. Gli fu riconosciuta quando era già anziano. Per questo non poté mai rientrare.

Il figlio Osvaldo Koj, cognome polacco, dopo la morte del padre, aveva coltivato il desiderio di visitare i luoghi di origine del padre, il quale raccontava, ma non aveva mai più potuto tornare nella sua terra natale, per mancanza di documenti. Osvaldo possedeva la foto della scuola elementare dove aveva studiato il papà da bambino, una foto del villaggio e il telefono di una lontana cugina. Aveva provato a telefonare, ma con la lingua polacca non ci capiva nulla. E non sapeva che cosa fare. Osvaldo era un volontario del GRIMM.

Avendo sentito parlare del progetto GRIMM in Polonia, subito si accese in lui la speranza. E ci scrisse per vedere se era possibile sapere qualcosa in più sulle origini del padre, dato che anche lui sarebbe venuto da noi come volontario.

Feci tante ricerche, geografiche e telefoniche, il villaggio era nel sud del paese, abbastanza lontano da Varsavia. Al paese vivevano cugini ormai anziani, ma che ricordavano bene quel ragazzo fuggito all’estero tanti anni prima. E non avevano mai più avuto sue notizie precise. Così la nostra comunità si organizzò. Dopo avere ultimato i lavori nella casa, ci prendemmo un giorno di vacanza per una lunga passeggiata insieme ai volontari. Noleggiammo un pullman e raggiungemmo il paese natale del ragazzo. Ci aspettavano con tanta gioia, emozione e anche timore, ma fu una giornata molto emozionante, con tante lacrime di gioia, abbracci a non finire e tante notizie condivise. Fu bellissimo! La gioia di Osvaldo era alle stelle.

Osvaldo vedendo il villaggio con i propri occhi, la scuola che ancora esisteva, la vecchia casa del padre oramai disabitata, si commosse fino alle lacrime. Ma intorno alla casa c’era un giardino dove crescevano ancora delle margherite colorate, le margherite svedesi dal lungo e sottile stelo. Osvaldo pianse tanto vedendole, perché capì allora perché suo papà amasse tanto il giardino e aveva da sempre coltivato queste margherite. Quando gli chiedeva perché coltivava sempre gli stessi fiori, il papà rispondeva con un sorriso. Ora Osvaldo aveva compreso. Le proprie radici sono dentro di noi per sempre.

La gente ci aveva preparato un’accoglienza splendida e noi avevamo portato doni per loro. Poi ripartimmo commossi, facendo sosta ai piedi della Madonna Nera di Częstochowa, per ringraziare il Signore di questo cammino percorso insieme al nostro fratello Osvaldo.

* Sr. Maria Rosa Venturelli, missionaria comboniana. Ha lavorato per 12 anni in Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) e 10 anni in Polonia. Autrice di Terra e Missione

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