Ripartire dalle politiche del popolo

Nel libro di Francesco Occhetta il lettore è accompagnato in un percorso tematico di ricostruzione della politica al tempo dei populismi. La recensione di Patrizia Morgante

“Ai giovani del nostro Paese.
Perché, come le aquile,
trovino nelle altezze i loro nidi.”

Una delle prime cose che leggo in un libro è la dedica; perché mi dice tanto dell’autore e perché, in genere, mi emoziona. Francesco Occhetta in Le politiche del popolo. Volti, competenze e metodo (Edizioni San Paolo 2020, pp. 224) si rivolge ai giovani, perché sono i nostri politici di domani e perché è del loro futuro che oggi i politici, intrisi di cultura novecentesca, stanno decidendo.

L’autore è conosciuto per i suoi contributi ‘politici’ alla luce della Dottrina sociale della Chiesa e del suo carisma centrato sul discernimento. La sua riflessione la porta avanti in una comunità, Connessioni, e parte dei frutti di questo ragionamento sono raccolti in questo libro, scritto a più mani e più voci. 19 per essere specifici, come 19 sono i capitoli. Più altri contributi, uno di questi dedicato a una scheda metodologica (formazione in 5 passi: introduzione spirituale, come nutrimento per la riflessione; lezioni di esperti, per avere più prospettive; lavoro di gruppo su casi concreti, esercizio di democrazia deliberativa; condivisione in plenaria; pranzo condiviso).

Discernimento, visione di futuro e passione per il dialogo: sono le caratteristiche dell’impegno cristiano in politica, della spiritualità della politica. È ormai consolidata la realtà che i cristiani in politica esprimono la loro appartenenza ai diversi partiti italiani in modo trasversale. Non esiste un partito cattolico (si avvertono da più parti tentativi di far nascere espressioni organizzate alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, ma ancora poco incisive).

“C’è la politica della rappresentazione che vince su quella della rappresentanza e delle competenze.”

Il contributo cristiano in politica non è mosso da una rivelazione divina, ma dalla ragione, dalla razionalità che si fa interrogare dalla realtà. Una razionalità non ‘glaciale’, disimpegnata e distante, ma figlia di un’esperienza partecipativa alla vita della comunità.

Il cristiano si interroga sulla democrazia, sulla sussidiarietà, sulla partecipazione dal basso, sull’uso degli spazi urbani, sui beni comuni (è necessario sdoganare questa parola dalla confusione terminologica?), sulla giustizia. E sull’Europa: ‘conoscerla per amarla’.
Ti sei mai chiesto: quanto ne so veramente del progetto europeo, delle sue istituzioni, dei miei diritti e doveri?

“La democrazia è anzitutto luogo di incontro e di formazione alla ricomposizione dei conflitti. Politica significa gestire la tensione e la violenza sociale che è ‘una negazione del carattere doloroso e insopportabile della realtà quando essa non coincide con le nostre aspettative: si tratta allora di eliminare l’ostacolo, il nemico, l’intruso, il difforme.”

La politica non è una delega in bianco a chi ci rappresenta in Parlamento. Non sono nostri nemici e non rappresentano il capro espiatorio verso il quale indirizzare la rabbia e la frustrazione perché la realtà non è quella che vorremmo.

Non è una delegittimazione del contributo che gli enti intermedi possono offrire (sussidiarietà verticale e orizzontale). Siamo tutti responsabili, nel senso etimologico di essere chiamati a ‘dare una risposta’ alle sfide e ai conflitti del vivere comune. Politica e religione non si identificano, ma chi fa una scelta di fede è chiamato a interrogarsi e rispondere alla realtà della comunità, locale e globale, a cui appartiene.

Allo stesso tempo non possiamo negare due grandi sfide:
– la poca formazione della classe politica al loro ruolo e poca consapevolezza etica (corruzione, manipolazione del consenso);
– le narrazioni che si formano dalle verità veloci (non sono fake news, ma verità che si cristallizzano nella mente del popolo perché non si ha tempo di approfondirle e quindi sono superficiali e semplicistiche).

“La politica non guasta, ma rivela gli uomini”, affermava Sturzo.

La nostra è una realtà globale complessa. Il tentativo di semplificarla e de-razionalizzarla (privilegiando le reazioni solo emotive) dà spazio a populismi vari e democrazie sovraniste.

Dobbiamo accettare che un modo di essere e fare politica appartenuto al novecento è tramontato definitivamente. Stiamo vivendo una fase di passaggio delicato e doloroso, in alcuni passaggi.
La politica può imparare dalla fisica quantistica, che studia come agiscono le particelle microscopiche, una spiritualità della relazione e della connessione. Due particelle che sono state vicine per un tempo, seppur separate, continuano a interagire e a reagire l’una all’altra. Questo fenomeno si chiama entanglement. Già vi vedo a googlare questa parola.
Che il vostro viaggio di scoperta continui…

“… ritornare a essere cercatori di senso, bisognosi di categorizzare la realtà, uscendo a una logica accidentale.”

Hanna Arendt
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