Missione e vita contemplativa: online la nuova rubrica “Voci dai monasteri”

Venuti da lontano per trovare il Messia, i Re Magi hanno fermato i loro passi davanti alla Grotta di Betlemme e si sono messi in adorazione davanti a Gesù. Nel giorno dell’Epifania, che segna anche la Giornata Missionaria dei Ragazzi (GMR), si inaugura la nuova rubrica “Voci dai monasteri”, che nasce con l’obiettivo di far conoscere ai giovani (e meno giovani) l’importanza della dimensione contemplativa e la centralità della Parola di Dio nella vita missionaria, personale e comunitaria.

di sr. Emanuela Roberta*, sorella clarissa, e sr. Maria Rosa**, sorella missionaria

Quale potrà essere il simbolo che rappresenta la relazione tra le sorelle che vivono in monastero e le sorelle che vivono negli sperduti villaggi del deserto, della foresta, della savana, o nei grandi agglomerati e nelle baraccopoli del mondo? Il mappamondo potrebbe essere questo simbolo, perché la monaca deve avere costantemente davanti ai suoi occhi tutta l’umanità, simbolizzata nel mappamondo e abbracciarla con la sua preghiera e l’offerta di sé stessa a Dio per l’umanità intera.

Ognuna di loro infatti, sia nella preghiera liturgica che nell’orazione silenziosa, dice sempre al suo Signore: “Ti cerco, ti supplico, ti adoro, perché mi sollecitano i fratelli e le sorelle del mondo intero”.

I fratelli e le sorelle chiamano dal dolore delle famiglie divise e spezzate, dall’instabilità politica ed economica, dal dramma dell’immigrazione, dalla pandemia da Covid-19, dalla crudeltà delle guerre e violenze senza fine, dalle moderne schiavitù che attanagliano la vita di tante giovani e bambini.

È la stessa chiamata che avvertono nel loro intimo i missionari e le missionarie che partono per terre lontane. Essi vogliono rispondere a popoli di diverse etnie, religioni, culture, che chiedono di conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo. Paradossalmente la vocazione missionaria e quella monastica sono le più vicine e le più simili, due punti che si congiungono sulla circonferenza.

Missione e vita contemplativa: la gioia della radicalità

Ogni monaca, come ogni missionaria, potrebbe affermare che la sua scelta vocazionale si è giocata proprio su questo confine: “Entrare in monastero, o andare in missione?”

Lo stare e il partire hanno infatti una radice comune: la radicalità. Il monastero e la missione esigono gli stessi distacchi, gli stessi sacrifici, lo stesso dono di sé stessi duraturo e totalizzante come lo è l’amore. Accomunati dalla stessa attrattiva di dare tutto e per sempre, le monache e le missionarie si comprendono a vicenda senza fatica e senza incertezze. Così come anche i monasteri trapiantati in terre di prima evangelizzazione, sperimentano la radicalità di una scelta, che li rende vicini al popolo tra cui vivono, implorando per tutti dal Signore salvezza e una vita dignitosa piena.

L’intimo legame della vita contemplativa con la missione è stato ulteriormente rafforzato quando una giovane carmelitana, Teresa di Lisieux, è stata proclamata patrona delle missioni.

Teresa di Lisieux, patrona delle missioni

San Daniele Comboni aveva più di 200 monasteri che pregavano per lui, missionario e vescovo in Africa Centrale, nel non lontano 1880. Così come una sorella missionaria scriveva anni fa a una comunità di monache: “In ogni situazione difficile da affrontare io mi rivolgo a voi; se non con lo scritto, in spirito di preghiera, sull’onda divina della Comunione dei Santi che voi più di altri captate e vivete”.

Monachesimo: una vocazione nel cuore della Chiesa

Ecco perché i nostri monasteri si collocano nel cuore della Chiesa e nel cuore dell’evangelizzazione ad gentes: essi incarnano e prolungano quell’aspetto peculiare della vita di Gesù che è il nucleo centrale di ogni opera apostolica.

“La Chiesa è profondamente cosciente e senza esitazione proclama che vi è un’intima connessione tra la preghiera e la diffusione del Regno di Dio; tra la preghiera e la conversione dei cuori; tra la preghiera e la fruttuosa recezione del messaggio salvifico ed elevante del Vangelo” (Verbi Sponsa, 7).

“Senza un monastero la chiesa non è completa e non può esprimersi in tutta la ricchezza dei suoi carismi”, confidava un Vescovo della Sierra Leone. E molti sono i vescovi missionari che hanno fatto questa scelta. Del resto, lo ribadiva anche San Giovanni Paolo II nella lettera enciclica Redemptoris Missio n. 69: “Seguendo il Concilio Vaticano II, invito gli Istituti di vita contemplativa a stabilire comunità presso le giovani chiese, per rendere tra i non cristiani una magnifica testimonianza della maestà e della carità di Dio… Questa presenza è dappertutto benefica nel mondo non cristiano…”.

vita contemplativa, monastero di Leivi
Parrocchia di S. Rufino, Monastero di Santa Chiara – Clarisse di Leivi (Ge)

Il mistero dell’Epifania, per una nuova evangelizzazione

Già nel 1200, come ci ricorda l’abbadessa del Monastero domenicano del S. Rosario a Roma, molti secoli prima del Concilio Vaticano II e degli attuali documenti ecclesiali, San Domenico di Guzman aveva intuito che, fondando un Ordine apostolico e missionario, accanto alla vita attiva dei suoi frati non poteva mancare la vita nascosta e orante delle sue monache. E la sorella monaca ancora condivideva: “Ci sembra, appunto, che sia la Solennità dell’Epifania del Signore a segnare questo evento tanto significativo. Il mistero dell’Epifania, molto onorato nel nostro Ordine e rappresentato dal Beato Angelico nei suoi affreschi, doveva essere non un segno di isolamento ma di evangelizzazione! Proprio la separazione claustrale dal mondo ci conduce nel cuore missionario della Chiesa, e diviene il luogo della comunione non solo con Dio ma anche con le membra della Chiesa”.

“La contemplazione è come una centrale elettrica. Quella che sembra essere una staticità è una forza motrice. Mentre sembriamo immobili e chiuse, percorriamo il mondo”.

Ecco, cari lettori, spiegato il motivo per cui diamo all’inizio a questa rubrica mensile, che inizia il 6 gennaio 2021, solennità dell’Epifania del Signore Gesù alle Genti.

Ogni mese le sorelle di un monastero ci accompagneranno, condividendo con noi un aspetto della missionarietà ad gentes che hanno vissuto e toccato con mano nella loro ferialità.

Grazie ai Monasteri per l’accettazione di questa sfida.

Essere monache ed essere nel cuore della Chiesa missionaria ad gentes.

Grazie!

*Sr. Emanuela Roberta, clarissa del Monastero di Lovere (Bergamo)

**Sr. Maria Rosa Venturelli, missionaria Comboniana

Foto copertina: Monache domenicane al Santuario di Crea (AL) www.domenicani.it

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