Vitorchiano, ecumenismo e missionarietà monastica 

Nel segno di suor Maria Gabriella Sagheddu, la testimonianza di azione ecumenica e missionaria delle monache trappiste di Vitorchiano

In questo mese di gennaio abbiamo ricordato i 40 anni dalla Beatificazione di sr. Maria Gabriella Sagheddu. Il Santo Papa Giovanni Paolo II nella sua omelia durante la celebrazione nella Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma nel 1983, assegnandole vari primati, la indicò come la prima Beata tra quanti hanno dedicato la propria vita all’unità. Un avvenimento che ha segnato la storia della nostra comunità, e ci ha inserito nel cammino ecumenico della Chiesa.

Nell’enciclica del 1995 sull’impegno ecumenico, Ut unum sint, sr. Maria Gabriella è proposta da san Giovanni Paolo II, come “modello” perché tutti i cristiani abbiano la viva preoccupazione dell’unità, e viene dato un primato alla preghiera, alla conversione e all’offerta di sé stessi come anima di quello che è definito “ecumenismo spirituale”. L’offerta della Beata Maria Gabriella risale al 1938. L’ideale ecumenico all’epoca era stato intuito da alcuni pontefici, ma non certo compreso dalla maggior parte dei fedeli e con una certa difficoltà dalle comunità religiose. Una circostanza di grazia permise alla comunità trappista di Grottaferrata, attraverso l’intelligenza spirituale della Badessa, Madre Pia Gullini, di entrare in contatto con il movimento ecumenico iniziato a Lione da Dom Paul Couturier.

Nel tempo, il legame con altri monasteri legati all’ideale dell’unità tra i cristiani, e la costante preghiera suggerita dallo stesso Signore Gesù e sigillata dalla beatificazione di questa nostra sorella hanno approfondito in noi questa domanda. La preghiera presso l’urna della Beata Maria Gabriella, custodita nella Cappella dell’Unità, adiacente al monastero, continua nel tempo e vivifica la vita di ognuna di noi, della comunità e delle nostre relazioni ecclesiali.

Cerchiamo innanzitutto di vivere l’unità in noi stesse, perché il primo conflitto con la realtà è quello innescato dal nostro cuore e dalla nostra volontà. “Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questo» (Mc 12,29-31)” dice Gesù. L’importanza di quel “come te stesso” lo verifichiamo nell’esperienza quotidiana: chi sta bene fa star bene l’altro. Quindi il primo luogo da evangelizzare siamo noi stessi, i nostri affetti e pensieri. Se ampliamo il cerchio vediamo come sia importante l’accoglienza di chi ci sta accanto e l’edificazione delle relazioni comunitarie perché la nostra casa possa essere riconosciuta come la porzione di Chiesa che vive intorno al Signore. La grazia propria della comunità di Vitorchiano l’abbiamo vista esprimersi in una fecondità di vocazioni, grazie alle quali “i paletti della nostra tenda si sono allargati” (cfr Is 54,2-4) dando vita a varie fondazioni.

Valserena è nata nel 1968 e a sua volta ha assunto una comunità in Angola, Huambo-Soke nel 1980, e ha fondato un monastero in Siria, Azeir nel 2005; inoltre dal 2004 ha iniziato una collaborazione per sostenere la presenza di un monastero Cistercense a Cortona. Nel 1973 è nata la comunità di Hinojo in Argentina che a sua volta ha fondato in Nicaragua nel 2001. In Cile ha iniziato la sua vita il monastero di Quilvo nel 1981 che ha dato vita ad una nuova casa in Brasile, nel 2010. È stata poi la volta del Venezuela, Humocaro 1982, che recentemente ha iniziato il progetto di una presenza in Colombia. C’è stato poi l’appello dell’Indonesia, dove abbiamo fondato Gedono nel 1987, comunità che a sua volta ha aperto una casa a Macau, per una vicinanza alla Cina. In seguito abbiamo avuto una richiesta per le Filippine nell’ isola di Mindanao dove siamo presenti dal 1995. Nel 2000 inviando quattro sorelle in Congo è stato possibile sviluppare la vita del Monastero di Mvanda a Kikwit. L’apertura di libertà nell’ est Europa ha permesso la fondazione in Repubblica Ceca dell’abbazia di Nasi Pani nad Vltavou nel 2007. Ultima nel tempo è la comunità di 10 sorelle partite nel 2020 per il Portogallo.

Si può dire che l’ecumenismo pur restando un anelito alla piena comunione tra tutti i cristiani perché si realizzi il desiderio del Signore “che tutti siano uno nel Padre” si è dilatato in una universalità che esprime la forza missionaria della Chiesa.

Una forza che negli ultimi tre anni ci ha sostenuto anche nelle prove che globalmente tutta l’umanità sta vivendo. Innanzitutto al momento di emergenza della pandemia quando c’è stata l’esigenza di far fronte comunitariamente con scelte a volte difficili ai giorni in cui siamo state toccate dalla malattia e alle iniziative per mantenere le possibilità di lavoro e di contatti.

Nella certezza che la Chiesa è realmente la casa di Pace e regno di giustizia, ora preghiamo chiedendo che si fermino le armi tra Russia e Ucraina e loro popoli possano costruire una nuova possibilità di concordia.

Sr. Gabriella

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