Come Lazzaro, chiamati a “uscire” dai propri sepolcri

In questa quinta domenica di Quaresima la liturgia della Parola ci propone l’episodio della risurrezione di Lazzaro. Commento al Vangelo a cura di p. Antonio D’Agostino, missionario Comboniano.

Dal Vangelo secondo Giovanni (11, 3-7.17.20-27.33b-45)

In quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Parola del Signore

La risurrezione di Lazzaro. Commento al Vangelo

Prima di questo avvenimento, Gesù aveva dovuto lasciare Gerusalemme, dove i Giudei avevano tentato di lapidarlo durante la festa della dedicazione del tempio. Lo avevano messo alle strette perché dichiarasse apertamente se lui era il Cristo, il Figlio di Dio; ma Lui, scivolatogli tra le mani, si era rifugiato al di là del Giordano – dove aveva operato Giovanni il Battista – fuori dal controllo del potere del tempio.

Tuttavia, la malattia di un suo carissimo amico, Lazzaro di Betania, e la sua repentina morte, fanno precipitare le cose; Gesù comprende che è arrivata l’ora di confrontare definitivamente i cuori chiusi che si rifiutano di riconoscerlo come l’unto del Padre. È, insomma, una questione “di vita o di morte”, che Gesù trasforma comunicando una vita capace di superare la morte. Infatti, se la morte è percepita come la fine della vita, come un tragico ritornare al nulla, finisce per avvelenare la vita, per portare alla disperazione.
Sarebbe come chiedersi senza mai trovare pace domande del tipo: Cos’è la nostra vita? Forse un breve cammino verso la morte? Vale allora la pena vivere?

Ecco allora che la “resurrezione” di Lazzaro, o per meglio dire, la sua rianimazione, diventa un segno che manifesta la “Gloria di Dio”. Sant’Ireneo, uno dei Padri della Chiesa, affermava che “la gloria di dio è l’uomo vivente”; più recentemente, Oscar Romero, dichiarato santo nel 2018, in un discorso del 1980 pronunciato all’università di Lovanio in Belgio, aveva affermato che “Gloria Dei vivens pauper” ossia “la Gloria di Dio è il povero che vive”. Difatti, la vocazione di Gesù, manifestata nella sua vita è stata questa: essere segno visibile e tangibile della gloria di Dio. Così è di ogni discepolo/a di Gesù: manifestare nel quotidiano la gloria di Dio, cioè la vita in pienezza per ogni uomo e per ogni donna che si lascia raggiungere dal Suo amore.

Domandiamoci allora: “Come può la mia vita essere segno della gloria di Dio?

Gesù voleva un gran bene a Lazzaro e a tutta la sua famiglia, e quando seppe che era morto, disse ai suoi discepoli “Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo”. Come Lazzaro, anche noi rischiamo di vivere la nostra vita da addormentati. Papa Francesco ci ha più volte messi in guardia da questo pericolo con espressioni singolari, tipo “La divano-felicità è una paralisi silenziosa”. I divani, quindi, diventano le nostre confort-zone, i nostri sepolcri dentro i quali ci rinchiudiamo, o magari ci rinchiudono.

Domandiamoci:
• “Quali sonni (e non sogni) rischiano di addormentare la mia vita?”
• Quali sono le mie confort-zone, i miei divani sui quali rischio di addormentare la mia vita?
Fu così che Gesù gridando ad alta voce disse “Lazzaro, vieni fuori!” E Lazzaro uscì con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Allora Gesù disse loro “Scioglietelo e lasciatelo andare”.

Forse questa è la definizione più bella di vocazione: se la vocazione è manifestare con la nostra vita la “Gloria di Dio” ossia la bellezza della vita in pienezza per ogni uomo e ogni donna, essere fedeli alla propria vocazione significa questo: rispondere al grido di Gesù di uscire fuori.
Tuttavia, non è sufficiente ascoltare e rispondere al grido di Gesù per “uscire fuori”; poi bisogna “andare”. Ciò significa, quindi, che, se essere fedeli alla propria vocazione è manifestare la bellezza della vita piena agli altri, la vocazione diventa vera quando diventa missionaria.

Ecco alcuni esempi di missionari a me cari:
Daniele Comboni: “Se avessi mille vite le spenderei tutte per la missione”; “L’Africa e gli africani si sono impadroniti del mio cuore”; “io ritorno fra voi per mai più cessare di essere vostro” “Africa o morte”.
Lele Ramin: “Lavorare con i poveri è creare primavera”; “la mia vita vi appartiene, vi appartenga anche la mia morte”.
Oscar Romero: “possono anche uccidermi, possono uccidere un vescovo, ma io so che se vengo ucciso la mia vita continuerà nella lotta del popolo salvadoregno”.

A questo punto possiamo domandarci:
Quali strade la vocazione mi fa percorrere?… Per “chi è” la mia vocazione? Quale è la direzione? Verso dove e verso chi?

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