Nel cuore di tutti il seme di Dio. Commento al Vangelo

«Dio è un Padre che non bada a spese! Invia il Figlio, il primo grande missionario che “uscì a seminare”, e lo invia a fare ciò che nessun seminatore assennato farebbe: gettare il seme a piene mani, in ogni dove! Perché l’amore di Dio e la sua Parola sono per tutti».

Meditazione sul Vangelo a cura di Antonella Simonetti, Suora Francescana Missionaria di Assisi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,1-23)

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.


Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!


Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Parabola del seminatore. Commento al Vangelo

Iniziamo a leggere, con la liturgia di questa domenica, il discorso parabolico, nel quale Matteo raggruppa sette parabole di Gesù e aggiunge la spiegazione che Egli dà di alcune di esse.
Gesù è circondato dalla folla, quella folla che, nel suo smarrimento e nella sua povertà, suscita sempre in Lui commozione, lo induce a fremere con “viscere di madre”, se volessimo tradurre letteralmente il verbo spesso usato dagli evangelisti. È la stessa folla di cui più avanti sazierà la fame di pane e di cui ora tenta di saziare una fame più profonda, una fame di senso, offrendo il cibo della Parola.
Questo parlare di Gesù ha un doppio movimento: verso la folla e verso i discepoli, un movimento sempre rispettoso della situazione in cui ognuno si trova.

Mi sembra di poter dire che questo testo custodisca due buone notizie.

La prima. Dio, attraverso la sua Parola, si china su di noi sempre per promuovere, per attivare, per creare un legame, per salvare, mai per condannare. Ecco perché Gesù parla in parabole: perché di fronte a chi è troppo distante o ha il cuore chiuso, indurito, una parola troppo chiara suonerebbe inevitabilmente come parola di giudizio e di condanna. La parabola, invece, è un parlare velato, che dice e non dice, che suscita interrogativi senza forzare, sempre nel rispetto della libertà dell’altro e di quanto l’altro può capire. Afferma Isacco il Siro: “Fa’ profittare con il tuo silenzio piuttosto che con la tua parola di conoscenza colui che non può trarre profitto dalla conoscenza. Abbassati con lui secondo la sua debolezza”. Ecco la tenerezza di Dio, che si svuota di sé per raggiungerci e ci accompagna con la pazienza del contadino che attende che il fico porti frutto, rispettando i nostri tempi e la nostra possibilità di comprendere, pur di averci con sé.

La seconda buona notizia. Dio è un Padre che non bada a spese! Invia il Figlio, il primo grande missionario, che “uscì a seminare” e lo invia a fare ciò che nessun seminatore assennato farebbe: gettare il seme a piene mani, in ogni dove! Perché l’amore di Dio e la sua Parola sono per tutti, ma proprio per tutti! E un Padre che ama spera sempre, instancabilmente, nella capacità recettiva di ciascuno dei suoi figli, anche contro l’evidenza.

È facile che, ascoltando questa parabola, si faccia strada in noi questa domanda: “Qual è il terreno del mio cuore?” O, peggio ancora, la constatazione che oggigiorno seminiamo, seminiamo, ma il terreno buono è sempre più scarso. Eppure il Vangelo dipinge sempre, innanzitutto, il volto bello del Figlio di Dio e quindi anche questa parabola dice, prima di tutto, chi è Dio: amore totalmente oblativo, che non si lascia vincere in generosità. Proprio questa semina che non bada a spese da parte di Dio – mossa dalla sua profonda fiducia nell’uomo e dal suo ostinato desiderio di raggiungere ciascuno per unirlo a sé – rivela la povertà del mio cuore, nel quale, a ben vedere, tutti i terreni sono presenti e dove forse prevale ora l’uno, ora l’altro. Ma è quella stessa semina così caparbia a rivelare che questo cuore così povero e bisognoso di salvezza è un cuore profondamente amato e, dunque, abilitato da quello stesso amore a testimoniare, a raccontare, a condividere la bellezza di essere destinatari di quella semina, di quell’amore… “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” … forse questo possiamo chiamare missione.

Proprio a partire da quell’amore, poi, impareremo a guardare il nostro cuore sotto lo sguardo di Colui che da sempre lo ama e diventeremo sempre un po’ più consapevoli di tutto ciò che lo abita, di tutte quelle chiusure, quegli affanni, quelle superficialità che rendono difficile accogliere la Parola; e lasceremo risuonare in noi l’invito del Signore: “Dissodatevi un terreno e non seminate tra le spine. Circoncidetevi per il Signore. Circoncidete il vostro cuore” (Ger 4,3-4). Ma questo cuore nuovo, circonciso per il Signore, ci è già stato donato: è il cuore del Figlio, totalmente in ascolto del Padre e obbediente a Lui. A noi è chiesto solo di fare spazio, affinché quel cuore possa prendere sempre più dimora in noi, rendendoci sempre un po’ più capaci di amare come Dio ama.

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