In nome della fraternità. Commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 18,15-20 – «Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello». La nostra vera ricchezza è il fratello, il capitale da accumulare, che non marcisce e nessuno ci ruba. Caino aveva affermato: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Sì, l’altro è il mio bene che devo proteggere gelosamente, non ho ricchezza che sia paragonabile, per quanti soldi abbia. Commento al Vangelo a cura della Comunità monastica di Marango*

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18,15-20)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Commento al Vangelo

«Se il tuo fratello…»: tutto ciò che segue è dettato da questa parola. L’interessarmi e l’impicciarmi nelle pecche dell’altro è esclusivamente a titolo della fraternità: non perché viene infranta la legge e la giustizia, ma perché quella persona mi è cara come lo è un fratello, provo per lui tale sentimento, lo guardo con tale tenerezza. Solo se porto il dolore e la gioia dell’altro, se ne conosco le lacrime sono autorizzato ad ammonirlo: non in nome della verità, ma della fraternità.

La frase «contro di te» manca in parecchi manoscritti: sembra che sia un’armonizzazione successiva con la domanda di Pietro che troviamo al v. 21, riguardo al fratello che «commette colpe contro di me». Se dunque tale espressione non c’è, qui stiamo parlando di mancanze che non mi colpiscono. Eppure il Vangelo raccomanda di intervenire con la correzione. È la messa in guardia dal silenzio complice di chi non vuole crearsi problemi di relazione con l’altro, di chi non vuole denunciare il male con sempre buoni motivi per non invischiarsi. Anche oggi, nella Chiesa, si vivono le conseguenze dell’omissione riguardo alla denuncia del male e del peccato, magari per salvaguardare il “buon nome” della Chiesa, finendo con l’essere conniventi con le colpe commesse.

«Va e ammoniscilo»: ovvero «avvicinati» a lui, per accoglierlo e capirlo, e «convinci», come è meglio tradurre il secondo verbo. «Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello»: la nostra vera ricchezza è il fratello, il capitale da accumulare, che non marcisce e nessuno ci ruba. Caino aveva affermato: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Sì, l’altro è il mio bene che devo proteggere gelosamente, non ho ricchezza che sia paragonabile, per quanti soldi abbia.

Segue un lavoro di «convinzione» in tre gradi: possono essere anche di numero diverso e di altra impronta. I gradi stanno a indicare un intervento che deve essere dettato dalla prudenza, dalla gradualità, dalla fantasia e dalla persistenza. Perché il fine non è uno qualsiasi: è riconquistare la realtà della comunione fraterna all’interno della comunità cristiana e recuperare ad ogni costo il fratello.

«Se poi non ascolterà… sia per te come il pagano e il pubblicano». Non è la condanna, ma la misericordia e il perdono. Dio aveva detto a Giona: «Io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale ci sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere la mano destra e la sinistra?» (Gn 4,11). Ninive era il nemico per antonomasia, la città del peccato impenitente. Dio aveva mandato a tutti i costi e con insistenza il profeta a predicare la conversione. Dio fa di tutto e non si arrende davanti al peccato insistito dell’uomo.

«Sia per te»: il fratello, con la sua rottura, ti rimane nel cuore e nella tua carne. La correzione fraterna richiede molta umiltà e la disponibilità a ricredersi e a ricominciare. La vera correzione non arriva mai al giudizio e alla condanna, ma è un evento che fa regnare il Signore e il suo amore gratuito anche per i peccatori nelle nostre relazioni fraterne.

In ogni modo, l’azione della correzione-convinzione non finisce qui. Molto giustamente la liturgia ci propone anche i versetti successivi con il detto sulla preghiera in comune, perché questa è l’estrema ratio dell’intervento di correzione. Infatti il testo parla dell’eventualità della preghiera al fine di «chiedere qualunque cosa»: alla lettera è «pragma», «affare», che è il termine tecnico per indicare una controversia all’interno della comunità cristiana (cfr. 1Cor 6,1) (A. Mello). Perciò si sta riferendo ancora la vicenda precedente.

Dopo che le hai provate tutte, rimani aperto, comunque, al perdono; devi ancora mettere in campo l’azione più efficace per recuperare il fratello: la preghiera. Una preghiera che, innanzitutto, è già iniziativa di comunione: è molto bello, infatti, il verbo letterale che, in greco, è sinfonèo, «essere in armonia». La passione per il fratello, che porta due o più a mettersi insieme per pregare in suo favore, è come una magnifica sinfonia, che fa fare un’esperienza bella dell’ascolto. E una tale musica il Padre l’ascolterà senz’altro, garantisce Gesù: Egli non aspetta altro che di essere allietato da tale bellezza.

Ma bisogna guardarsi da una concezione un po’ “magica” della preghiera, purtroppo molto diffusa. Consiste nel pensare che la preghiera debba cambiare le disposizioni di Dio: da poco (o nulla) disponibile, a elargitore di grazie come manna che cade dal cielo. Invece, la preghiera vera serve cambiare l’uomo, non Dio. La preghiera mi dà la forza di coinvolgermi e impegnarmi – nella misura di quello che può essere il mio contributo -, con l’aiuto di Dio, per quella causa per la quale prego. Così, la sinfonia di chi prega per i fratelli che creano problemi di comunione fraterna può provocare dei cuori oranti più disponibili ancora in favore di quei fratelli, e una carità che piega sempre di più verso di essi.

* Don Alberto Vianello, monaco della Comunità di Marango – Diocesi di Venezia

Foto: Wesley T Allen – creative commons

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