“Frontiera” è la parola missionaria di ottobre 2023

La buona notizia è troppo bella per tenerla per noi. Siamo chiamati a testimoniare il Vangelo in parole e opere. Quando questa diventa la nostra missione, trasformerà ogni cosa che facciamo. La rubrica “Parole e Opere” ogni mese propone una parola con cui approfondire e gustare il nostro rapporto con Dio, per predisporci alle buone opere e vivere in pienezza la nostra missione.

La Parola missionaria di questo mese è: FRONTIERA

a cura di sr. Rosanna Marchetti, missionaria dell’Immacolata – Pime in Brasile

Il missionario è una persona di frontiera, che si pone negli spazi geografici e esistenziali che lo provocano ad andare oltre. Anche Gesù molte volte nei Vangeli ha varcato frontiere territoriali per incontrare popoli e culture che erano poste ai margini o addirittura non accettate dal suo proprio popolo.

La frontiera è una sfida perché chi la varca non conosce ciò che lo/la attende. Un popolo, una cultura, una lingua che non è la propria e che esige un uscire dalla propria zona di conforto per aprirsi al nuovo. Questa attitudine esige flessibilità e uno sguardo capace di cogliere il positivo che esiste attorno a noi. Varcando una frontiera, non si incontra solo una cultura ma anche un modo di vivere la fede che a volte ci mette a disagio e allora è necessario comprendere in profondità la storia e la vita di un popolo per entrare nel mondo del sacro, che si costruisce nel tempo.

La frontiera è geografica e la passiamo con il corpo e con la mente ma esistono frontiere esistenziali che il missionario è chiamato a varcare con il cuore perché disposto ad entrare nelle ferite dell’umanità, nel cuore di coloro che incontra ai margini della strada, come lo straniero di cui si parla nella parabola del Buon Samaritano. È la frontiera più difficile da superare perché è necessario andare al di là dei pregiudizi e dei preconcetti che vivono in noi e farsi concretamente “prossimo”.

Queste frontiere sono attorno a noi ma anche dentro di noi!

Vivendo in Amazzonia, sto facendo un’esperienza straordinaria di superamento delle frontiere culturali, incontrando popoli nativi (indigeni, meticci, Afro discendenti) e immergendomi nella loro saggezza, nonché in un mondo di riti e culture così diversi dai miei. Questa diversità mi affascina profondamente, non tanto per l’aspetto folclorico, piuttosto per la sua profondità. È una fede semplice, in sintonia con il creato, che sa contemplare e vedere la vita come dono in tutti i suoi aspetti. Che ringrazia e loda il Signore per tutto ciò che offre come opportunità di vita. Una fede e una vita diversa dalla mia ma nella quale sento risuonare la voce di Dio e della creazione.

Impegno concreto: sarebbe bello se in questo mese di ottobre, dedicato alla missione, facessimo uno sforzo per cogliere e superare le frontiere che esistono dentro di noi ma anche poter identificare le frontiere presenti nelle nostre realtà quotidiane, che possiamo e dobbiamo attraversare per incontrare l’altro che ci vive accanto.

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