Amare il prossimo è la nostra missione. Commento al Vangelo

Gesù è l’ultima e definitiva parola d’amore del Padre: è l’Amore fattosi carne, storia, fino al dono della vita. Noi siamo veramente noi stessi quando rispondiamo all’Amore con l’amore, quando facciamo della nostra vita un dono accolto e offerto. Ogni attività missionaria non può che avere al suo cuore questa stessa esperienza. Meditazione a cura di Eugenio Pulcini, missionario Saveriano.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,34-40)

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Commento al Vangelo

Gesù è a Gerusalemme. Intorno a lui, il clima da parte degli anziani dei sacerdoti – personaggi tanto colti quanto refrattari al suo messaggio e stile – è sempre più diffidente. L’inimicizia più profonda, quella che porterà alla condanna di Gesù, continua a rivestirsi di legittimità, di maniere belle e garbate. Chi mette alla prova Gesù non vuole ascoltarlo, non cerca la sua persona, il suo cuore, ma vuole misurare la sua forza, per scrutare il momento opportuno in cui, con l’inganno, possa finalmente vincerlo, con la violenza.

La pagina di oggi conclude la serie di testi con cui Gesù ha voluto presentare prima ai suoi discepoli, e poi in modo intenso e coraggioso ai capi del popolo la RELAZIONE tra il Padre e i figli; una relazione fatta di accoglienza, fiducia e misericordia. Allo stesso tempo, Egli ha descritto L’AZIONE di Dio verso gli uomini; un Padre che cerca i suoi figli e li invita ad essere partecipi della Sua “vigna”, collaboratori responsabili nella costruzione del Regno di Dio, che in Gesù è vicino.

Gesù non si sottrae alla sfida, accoglie la domanda del dottore della legge e la sua risposta prepara il drammatico rimprovero – che leggeremo domenica prossima – ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo circa il formalismo vuoto del loro credere: una conoscenza della Scrittura come potere, non come gesto per amare e servire il popolo di Dio; una serie infinita di regole e leggi che sono qualcosa fuori dall’uomo, intricati cavilli, astruserie che illudono di saziare una fame di sacro, ma che alla fine lasciano l’uomo pago dei suoi istinti di controllare Dio, usandolo per i propri interessi.

La risposta di Gesù disfa la casistica infinita dei precetti e riassume il grande comandamento nell’amore di Dio e del prossimo. Soprattutto egli propone la verità del rapporto fra Dio e gli uomini: Dio di cui parla Gesù è il Padre. Il nostro amore per Dio può nascere solo dall’averLo prima ascoltato (la prima parola dello Shema’ Israel: “Ascolta!”).
Creati ad immagine e somiglianza di Dio, perché capaci come lui di amare, siamo stati oggetto di una ricerca paziente e amorevole da parte di Dio, il quale ci ha condotto passo dopo passo, fino a mandare e a dare il suo Figlio perché possiamo avere vita.

La legge e i Profeti, cioè tutta la storia fra Dio e il suo popolo, non si descrive in una parola, in una idea, in un comando, ma in un evento di grazia: Gesù Cristo, l’Amore. Gesù porta a compimento la Legge perché ne offre il significato vero, definitivo. La Legge è stata data come parola d’amore di Dio al suo popolo. Gesù è l’ultima e definitiva parola d’amore del Padre: è l’Amore fattosi carne, storia, fino al dono della vita. Noi siamo veramente noi stessi quando rispondiamo all’ Amore con l’amore, quando facciamo della nostra vita un dono accolto e offerto. Paul Bechamp lo riassume così: «La legge tutta è preceduta da un “sei amato” e seguita da un “amerai”. “Sei amato” è la fondazione della legge; “amerai”, il suo compimento. Chiunque astrae la legge da questo fondamento amerà il contrario della vita».

Ogni attività missionaria non può che avere al suo cuore questa stessa esperienza, che è poi il grande comandamento: il Padre ci chiede di rispondere all’Amore che ci manifesta con l’amore di cui siamo capaci, la realtà più bella che possediamo e che sappiamo vivere. La risposta di Gesù al dottore della Legge è la sua stessa vita: l’Amore. Siamo discepoli missionari di Gesù, il quale enuncia e manifesta il grande comandamento nel trentennale nascondimento di Nazareth, nella predicazione e nei segni sui malati, nell’abbandono totale al Padre per amore degli uomini sulla croce e nella risurrezione.

In queste settimane di notte profonda per l’umanità, questa Parola di Gesù ci aiuta a cercare uno spiraglio di luce; a continuare tenacemente a credere che la notte e il buio non prevarranno, che il giorno della pace verrà. Per un missionario, la fiducia nell’Amore del Padre non può essere uno sterile possesso ma è dono che lo abilita a una relazione universale; a fare il bene nonostante tutto, a cercare spiragli di luce, essendo nella storia promotore attivo e concreto di una nuova umanità. La prima lettura di oggi (Es. 22,20-26) ci aiuta ad evitare ogni romanticismo nella comprensione del grande comandamento. Come Gesù, siamo inviati a lavorare nell’ospedale da campo della storia, dove la vedova, l’orfano e lo straniero, l’afflitto, l’ultimo arrivato, il fragile e l’emarginato… aspettano di scoprire l’Amore di Dio attraverso ciascuno di noi.

Eugenio Pulcini, sx
Missionario Saveriano

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