Un solo Maestro, un solo Padre, una sola Guida. Commento al Vangelo

Solo Gesù è il Maestro per eccellenza. È Lui il punto di riferimento assoluto per ogni discepolo missionario, chiamato a una vita di santità. Meditazione a cura di Sr Laura Oliveira, Clarissa Francescana Missionaria del S.Sacramento.

Dal Vangelo secondo Matteo (23,1-12)

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filatteri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché́ uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Commento al Vangelo

Siamo giunti al capitolo 23 del Vangelo di Matteo. Ormai, l’evangelista sta arrivando quasi alla fine della sua catechesi. Ora proviamo a disegnare una cornice nella quale collocare questo brano importantissimo della liturgia di oggi che può illuminare il nostro discepolato nella sequela di Gesù, l’unico e vero Maestro.

Possiamo collegare la XXXI domenica del tempo ordinario alla chiusura del mese di ottobre, dedicato alle missioni, il cui tema richiamava ai “cuori ardenti”, che diventano testimoni fedeli del Cristo risorto, praticando e osservando la Parola (Lc 24,13-35), e alla visione della Gerusalemme celeste con la solennità di tutti i Santi che hanno custodito i comandamenti di Dio e la fede in Gesù (Cfr. Ap 14,12).

Questo scenario contrasta con la parola di Gesù verso l’atteggiamento degli scribi e i farisei. Essi, seduti sulla cattedra di Mosè, hanno la pretesa di essere i veri depositari della legge di Dio, hanno messo mano a un tesoro che appartiene a tutto il popolo, anch’esso erede della promessa. Lo scopo del loro agire è quello di essere ammirati dalla gente. A loro è rivolta la parola di Gesù con un duro rimprovero: “Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma, fate attenzione, “non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno”. E ancora, “ma voi non fatevi chiamare “rabbì” … “padre” … “guide” …”.

Il discepolo fedele è colui che, ascoltando la Parola, la mette in pratica facendola diventare carne della sua carne, non smettendo mai di annunciare quello che ha ascoltato e vissuto. Perché la Parola di Dio viva ed efficace, spada a doppio taglio (Cfr. Eb 4, 12) ci consente di rimanere ai piedi del Maestro affinché sia lampada per i nostri passi, luce sul nostro cammino e, allo stesso tempo, ci spinge verso l’altro. La Parola di Dio, infatti, ha in sé una potenzialità che non possiamo prevedere, tale da sfuggire spesso alle nostre previsioni e rompere i nostri schemi (Cfr. Evangelii Gaudium 22) quindi, non potrà mai diventare oggetto di manipolazione.

Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli

L’altro atteggiamento che possiamo cogliere dal Vangelo odierno è il riconoscimento di Gesù come unico Maestro e di conseguenza accogliere l’altro come fratello e sorella, perché figli dell’unico Padre. Nella Lettera Enciclica Fratelli Tutti, papa Francesco ricorda questa fratellanza universale che ci unisce nonostante la diversità delle etnie, delle società e delle culture, nella vocazione a formare una comunità composta da fratelli, prendendosi cura gli uni degli altri (Cfr. FT 96).

Nei dibattiti presentati dall’evangelista Matteo tra Gesù e i suoi interlocutori (i sacerdoti, gli anziani, i farisei, i dottori della legge ed altri), il punto decisivo, senza entrare nei particolari, si fonda sull’autorità di Gesù e sull’annuncio del Regno basato sull’amore verso Dio e il prossimo, con incidenza sulla vita di ogni discepolo.

Dalla parte opposta, quasi sempre, gli inquisitori tramano un modo per coglierlo in fallo mettendolo alla prova perché, nella loro concezione, Gesù stravolge ogni presunto schema. Come, ad esempio, avere i posti d’onore nei banchetti, i primi seggi nelle sinagoghe, i saluti nelle piazze, essere chiamati “rabbì” dalla gente. La dinamica del Regno dei cieli è l’opposto di questo ripiegamento su sé stessi.

Solo Gesù è il Maestro per eccellenza. È Lui il punto di riferimento assoluto per ogni discepolo missionario, chiamato a una vita di santità. “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono” (Gv 13, 13).

Fratelli e sorelle, non c’è via di scampo, “ma perché la carità, come buon seme, cresca e nidifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e con l’aiuto della sua grazia compiere con le opere la sua volontà” (Lumen Gentium 42).

La cornice si chiude con l’ultimo versetto che rimane come punto interrogativo per chiunque vuole far un salto di qualità nella vita, consapevole del suo ruolo nel mondo: “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”. Quale il senso di questa parola per noi, oggi?

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