Chiamati a credere senza vedere. Commento al Vangelo

È la domenica di Tommaso e di una beatitudine che siamo chiamati a fare nostra: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Commento al Vangelo della II domenica di Pasqua a cura di padre Pietro Rossini, missionario Saveriano.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

La Domenica di Tommaso. Commento al Vangelo

Il “vedere” nella Bibbia è sempre legato alla fede. Pensiamo al fatto che continuamente Gesù chiama i Farisei “ciechi” perché non riconoscono in Lui il Figlio di Dio.
Ogni volta che Gesù guarisce un cieco, la prima reazione è quella di credere in Lui.

Eppure, in questo brano che abbiamo appena ascoltato Gesù loda coloro che “non hanno visto eppure hanno creduto”.

Ma chi sono costoro che “hanno creduto senza vedere”?

Non sono i discepoli di Gesù.
Tutti loro hanno visto e hanno creduto.
Non è nemmeno la Maddalena che ci è stata presentata la scorsa settimana.
Anche lei ha visto e ha creduto.
Non è Tommaso, anche lui ha visto e ha creduto.

Ma allora chi sono costoro?

Siamo noi!
Gesù sta parlando di ciascuno di noi.
Noi che crediamo in Lui pur non avendolo visto.

Il Vangelo di questa domenica vuole provocarci una domanda molto personale a cui ciascuno di noi è chiamato a dare una risposta:
“Da dove nasce la tua fede?” Cosa ti ha portato a credere?

Se stiamo leggendo questo commento al Vangelo, probabilmente è perché un giorno qualcosa o qualcuno ci ha portato a credere.

Personalmente, ho fatto la mia prima esperienza di fede quando avevo soltanto 13-14 anni. Era un periodo, quello dell’adolescenza, dove nonostante fossi circondato da tanti amici, e nella mia famiglia mi sentivo voluto bene, sperimentavo una grande solitudine. Ed è proprio in quella solitudine che ho incontrato Dio per la prima volta. Non mi è apparso in una visione. Non l’ho visto, come hanno fatto gli apostoli, Maria di Magdala o Tommaso. Ma in quella solitudine, sapevo di non essere solo quando pregavo. E quella presenza la sentivo così forte, così reale, e forse ancora più intima della compagnia che avevo con i miei amici o i miei familiari.

Nel mio caso è stato quindi un “sentire” più che un vedere. Che mi ha portato poi ad “ascoltare” la Parola di Dio e a trovare in essa grande consolazione e pace. Ed è stata un punto di riferimento nella mia crescita personale.

La fede nasce dall’ascolto, non dalla vista.

Anche le poche apparizioni che vengono riconosciute dalla Chiesa non sono quelle a suscitare la fede. La fede non nasce dalle apparizioni. I discepoli non hanno creduto perché hanno visto Gesù, ma perché lo hanno ascoltato e hanno creduto nel suo messaggio.

Maria di Magdala, per esempio, non crede quando vede Gesù Risorto. Infatti, non riesce neanche a riconoscerlo, lo scambia per il giardiniere. Ma Maria si rende conto che quell’uomo davanti a lei sia proprio Lui, soltanto quando Gesù la chiama per nome: “Maria!”

I discepoli di Gesù non credono quando lo vedono, ma solo quando Gesù soffia su di loro lo Spirito Santo, e così “sentono” che la Sua presenza è reale.

Tommaso non crede quando vede i segni dei chiodi nelle mani o nei piedi di Gesù, ma quando Gesù gli dice: “Metti qui il tuo dito”.

La fede, quindi, non nasce dalla vista ma dall’udito.
E molte volte si tratta di un udito interiore.

Ogni cristiano ha ricevuto la Buona Notizia da qualcun altro, i nostri genitori, un amico, un’amica, una comunità cristiana, un evento che ci è accaduto. E questo è un altro aspetto stupendo della nostra fede: la fede è sempre un fatto comunitario!
È vero che la mia relazione con Dio è unica, perché Lui mi ama in modo unico. Dio non ci ama come fotocopie, ma come figli unici.
Ma allo stesso tempo, è attraverso una comunità di persone che hanno fatto la stessa esperienza di Dio che si cresce e si cammina nella fede.

E la fede è quella che ci salva. Non solo nel senso che è la fede che ci porterà al Paradiso. Ma nel senso che è proprio la fede che Dio è presente nella mia vita e che cammina con me, mi porterà a vivere la vita con speranza. E sarà proprio questa speranza che un mondo migliore è possibile, riconoscendo che tutto appartiene a Dio, che mi porterà a vivere la mia vita con Amore.
Ed è l’Amore ciò di cui ciascuno di noi è fatto, il nostro DNA.

Noi siamo fatti per amare e per essere amati.
E questo: vivere nell’amore, è ciò che dà sapore alle nostre giornate.

Immagine di Freepik

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Pietro Rossini, missionario Saveriano

Pietro Rossini, SX – Missionario saveriano, Pietro Rossini è nato nel 1992 a Salerno (SA). Dopo la formazione di base per diventare prete missionario studia un Master in Giornalismo presso la Boston University negli USA. Svolge la sua missione nel “sesto continente” – quello digitale – lavorando nel Centro Comunicazioni Saveriano come membro attivo del progetto MissioNET.

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