La festa dell’Ascensione ci annuncia una presenza diversa: Gesù non si allontana, ma entra nella pienezza della Vita, portando con sé la nostra umanità nel cuore di Dio. È una chiamata a vivere con i piedi sulla terra e il cuore rivolto al cielo, lasciandoci guidare dallo Spirito per riconoscere, nelle pieghe del quotidiano, la dignità e la bellezza di ogni persona.
Meditazione di suor Antonella Simonetti, Francescana Missionaria di Assisi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Commento al Vangelo
Chiese un professore della Facoltà teologica ai suoi alunni: “Che senso ha la festa dell’Ascensione?”. Uno di loro rispose: “Gesù a un certo punto dice: «Io vi ho insegnato tutto quello che ho potuto, adesso arrangiatevi un po’ voi… Finora ci sono stato io, d’ora in poi ci siete voi, c’è la Chiesa…»”.
… Curiosa risposta! Ma la Chiesa non è il corpo di Cristo, che ne è il capo? E come può il corpo continuare a vivere se il capo se ne va, se l’abbandona? Del resto, nella conclusione del Vangelo di Matteo, Gesù, mentre ascende al cielo, dice: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Si tratta, dunque, di capire.
Penso che la festa di oggi ci faccia dono di due grandi belle notizie.
La prima: il compimento della Pasqua. La risurrezione di Gesù non è il ritorno alla vita di prima, ma segna l’ingresso in una vita nuova, nella Vita, una vita non più segnata dall’usura del tempo, non più soggetta ai limiti del tempo e dello spazio, non più gravata dalla sofferenza e dalla morte; la vita di Dio, la vita eterna.
L’Ascensione è il compimento di tutto ciò. Gesù non si sposta fisicamente dalla terra al cielo, ma entra in una dimensione più profonda, che va oltre lo spazio e il tempo, per essere accanto a noi, a ogni uomo, in ogni istante, mediante il suo Spirito, fino alla fine dei tempi.
La seconda bella notizia è che Gesù realizza tutto ciò con la nostra umanità. Quell’umanità che ha preso da Maria e che ha condiviso con noi fino in fondo, ora, con l’Ascensione, entra nel cuore della Trinità, per rimanervi per sempre! Lo dice bene la Colletta della Messa di oggi: “Nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”.
Fino a questo punto ci ha amati! Fino a legarsi a noi indissolubilmente, per sempre! Lo esprime bene un passaggio di un’omelia di San Giovanni Crisostomo: “Il Signore Gesù oggi ci dice: «Sono venuto a te, ti ho cercato, sono corso dietro a te, ti ho afferrato, ti ho abbracciato. Mangiami, ti ho detto, bevimi. Non voglio che niente ci separi, voglio che io e te siamo una cosa sola»”. Non c’è evento umano, bello o brutto, gioioso o tragico, che sia sconosciuto a Dio, perché Gesù Cristo, il Dio fatto uomo, ha vissuto tutto ciò che viviamo noi e ha portato tutto nel cuore del Padre, in attesa che tutta la nostra vita, purificata e trasfigurata dall’Amore, possa, un giorno, partecipare pienamente alla festa dell’amore trinitario, mentre, per ora, insieme a Lui viviamo in questo “già e non ancora”.
Quale dignità per ogni uomo! Se la nostra umanità è entrata nel cuore di Dio, significa che dobbiamo “toglierci i sandali” davanti ad ogni uomo, anche il più abbruttito, perché in quell’uomo c’è una scintilla divina. Se la nostra umanità è entrata nel cuore di Dio, significa che le tante vicende dolorose e spesso tragiche che viviamo, a livello personale e mondiale, non possono gettarci nello sconforto e nella disperazione, perché Dio le conosce fino in fondo, le vive con noi e ci aiuta, con la forza del suo Spirito, ad assumerle e ad esprimere in esse energie di dono.
Da questa festa, dunque, ci giunge ancora un altro messaggio: l’unico cammino che conduce al cielo è quello che percorre le strade polverose di questa terra, una terra abitata da Colui che mai l’abbandona, una terra abitata da noi, rivestiti della potenza dello Spirito, chiamati non a vivere con il naso all’insù, guardando il cielo, ma ad impastarci con questa terra, per scoprire in essa quel cielo a cui essa è ormai indissolubilmente legata.