Chiamate a vivere la comunione

Siamo le sorelle Clarisse di Bra (Cuneo): sul territorio della nostra diocesi di Torino, pur non avendo un così grande numero di contagi del coronavirus rispetto ad altre città del nord Italia, dopo il decreto dell’8 marzo, viviamo anche noi nel segno di una comune solidarietà con chi è più provato dai vari disagi di queste settimane. La parola che ci sta accompagnando e ci fa vivere giorno per giorno è COMUNIONE pur nel silenzio della città, interrotto a volte dalle sirene delle ambulanze e dagli elicotteri del pronto intervento e dei carabinieri. Una comunione viva nel ricevere intenzioni di preghiera, telefonate di sorelle e fratelli che ci chiedono come stiamo e dalle persone buone che in qualche modo e in ogni modo desiderano esserci vicine con il dono di sorella Provvidenza. Alle 7 del mattino seguiamo la Messa del Papa: una scelta condivisa dalla comunità, nutrite dalla Parola di Dio e dalla Comunione Spirituale. Non volevamo avere il privilegio ad avere una celebrazione eucaristica a porte chiuse, proprio per vivere quella comunione solidale insieme a tanti fratelli e sorelle che in questo tempo stanno vivendo il digiuno eucaristico. Abbiamo accolto la proposta fatta dai parroci della nostra unità pastorale: alle ore 19 le campane della nostra chiesa insieme a quelle di altre chiese della diocesi di Torino suonano ogni sera a distesa in segno di unità e di solidarietà verso tutti gli Italiani in questo momento di sofferenza. Le campane sono il segno di quella presenza e vicinanza che dura da secoli, nei piccoli centri come nelle grandi città. Questo gesto è un modo per essere presenti, per fare comunione, per come è possibile in questi tempi, in mezzo alla gente. Così dal richiamo dei rintocchi, da ogni casa, condominio e struttura assistenziale, anziani, famiglie, bambini, sacerdoti e noi sorelle ci riuniamo in preghiera: una vicinanza che riguarda le persone, non gli edifici. Una preghiera semplice a portata di tutti: un’Ave Maria, un canto, una preghiera di intercessione, una decina del rosario, l’Angelus… sono il segno che il Signore in mezzo a noi non dimentica nessuno; e che noi non ci dimentichiamo a vicenda, anche se non possiamo raggiungerci».
La prima cosa positiva a cui possiamo pensare è che ci è offerta una occasione per entrare, in solidarietà, in comunione con quanti si trovano davanti a sbarramenti, muri, reticolati e che la libertà di cui noi reclamiamo di aver diritto non sanno neanche cosa è. Quanti appelli alla preghiera sono stati lanciati in queste settimane e pregare è sempre un atteggiamento di solidarietà; ci si fa carico degli altri, dei malati, di chi è all’orlo dello sfinimento per il lavoro medico o paramedico, delle famiglie che devono gestire una emergenza figli e per quanti non possono lavorare e rischiano gravi problemi economici. Siamo in Quaresima e questo essere destabilizzati ci conduce verso quella povertà di noi stessi che è il vero digiuno.
Siamo costretti ad essere condotti, invece di andare dove vogliamo. C’è un digiuno dei progetti, digiuno dei programmi, digiuno anche dei piaceri della vita sociale. Intorno a noi troviamo tanti divieti, porte chiuse, appuntamenti e incontri annullati. Buona occasione per renderci conto che intorno a noi succede ciò che non vogliamo e il migliore atteggiamento è stare attenti e accogliere il momento presente per scoprirne la
ricchezza. San Paolo dice che in Cristo non ci sono ricchi e poveri, uomini e donne, schiavi o liberi e di fronte a questa epidemia diventiamo ugualmente tutti vulnerabili e questo è già un invito a vivere quella comunione solidale gli uni gli altri.

Sorelle Clarisse di Bra (Cuneo)

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